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Bologna-Lazio 2-3, quando 15mila laziali invasero il Dall’Ara
Era il 7 maggio del 2000 quando l’autostrada del Sole si trasformò in un lungo serpentone biancoceleste…
C’ERA UNA VOLTA – Un popolo al seguito dei propri beniamini. Quando le trasferte non erano vietate, quando non c’era la tessera del tifoso e la voglia di calcio era ancora libera di potersi palesare, di spingere 15mila tifosi ad intasare un’autostrada per tifare la squadra del cuore. Era il 7 maggio del 2000, la Lazio si giocava lo scudetto.
Stadio Dall’Ara, la squadra di Eriksson è in piena lotta per il tricolore. L’autostrada del Sole è un lungo serpentone biancoceleste: auto, moto, pullman, camper. Ogni mezzo è buono per raggiungere Bologna. In campo la Lazio parte forte, ma l’ex Signori prova subito a rovinare la festa inbucando per Andersson, Marchegiani esce e sventa, ma si fa male a una spalla: entra Ballotta, i meno ottimisti vedono nerissimo. Ci pensa Conceicao a riportare l’ottimismo con il gol, poi Sua Maestà Signori regala il primo dispiacere a coloro che lo avevano osannato fino a poco tempo prima. Impossibile dispiacersi per una rete dell’ex capitano, i più non sono abituati. La ripresa è di marca laziale, nonostante la distanza si gioca praticamente all’Olimpico: il tifo laziale è incessante, Simeone e Salas mandano in estati gli oltre 15mila presenti al Dall’Ara. L’ultimo ad arrendersi è Signori, suo il gol che accorcia le distanze e fissa il risultato sul 2-3 finale. Quello che succede in campo nei 90 minuti, però, è secondario: questa volta lo spettacolo è sugli spalti, dove gli occhi sono al campo, le orecchie alla radiolina che trasmette la cronaca della Juventus; lo zoom va sulle gradinate dove i tifosi soffrono, gioiscono, si illudono, piombano nello sconforto per uno scudetto che sembra sfuggire e infine, quando l’arbitro decide che può bastare, tornano a casa delusi per la vittoria bianconera contro il Parma, ma con la speranza di giocarsi tutto nell’ultima giornata di campionato. Vince la Lazio, stravince la Curva Nord, il cuore pulsante del tifo a tinte biancocelesti.
Sono passati 16 anni, ma sembra un’eternità. A testimoniarlo ci sarà quel settore ospiti vuoto per decisione della questura bolognese. Niente laziali al seguito, puniti per gli scontri avvenuti nella notte di Firenze. Quel 7 maggio la differenza la fecero loro, i tifosi, regalando motivazioni supplementari alla squadra di Eriksson, capace di andare a vincere su un campo da sempre ostico per i colori laziali. Stavolta sarà diverso, il pallone si sta trasformando in uno spettacolo per pochi intimi. Sempre che questo possa considerarsi calcio.
Matteo Vana
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