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Fiore: “Serve un’impresa”
Il MESSAGGERO – Il centrocampista dello scudetto del 2000, aggiunge poi sul big match di stasera: “. Il centrocampo è l’arma in più, ma Tevez e Llorente hanno trovato un’intesa straordinaria. Nella Lazio confido in Hernanes, dopo il bel gol di Udine”…
RASSEGNA STAMPA SS LAZIO – Undici anni e un mese dopo quel 15 dicembre 2002, è ancora indelebile l’ultima esultanza biancoceleste a Torino contro la Juve in campionato. Doppietta di Stefano, lacrime di Buffon. Quel Natale sbocciò un Fiore mai appassito: «È un record che resiste e ne sono orgoglioso. Fu una delle giornate più belle della mia carriera, segnai due gol che ci trascinarono in alto in classifica e ci fecero accarezzare l’idea dello scudetto». Stasera invece la “Vecchia Signora” sbarca all’Olimpico per sigillare il tricolore, come rivelato da “Il Messaggero”.
Come si segna a Buffon, Fiore?
Devi essere bravo e fortunato. Le mie due reti furono meravigliose. Segnare a Gigi è quasi impossibile, è il portiere migliore del mondo. E all’epoca era sovrumano. Feci due gesti balistici pazzeschi: prima beccai l’angolino, poi misi la palle nel sette».
Qual è il gap con Marchetti?
«Il Buffon attuale è più umano, ma non è in discussione. Federico è un ottimo portiere, ma non ha vissuto una stagione esaltante. Credo però che alla fine Prandelli porterà entrambi al mondiale».
In Supercoppa e all’andata due batoste, come si ferma questa Juve quasi imbattibile?
«Ci vuole la complicità dei bianconeri. Le ultime uscite della Lazio contro di loro non sono certo da ricordare. Per quanto qualsiasi avversario possa giocar bene però, questa Juve non ha rivali in Italia. E’ troppo più forte tatticamente, fisicamente e mentalmente. Per ostacolarla bisogna alzare i ritmi, aggredirla e sfruttare la minima disattenzione».
Inciderà la sconfitta bianconera con la Roma in Coppa Italia? «Conte è un mago a voltar pagina».
Reja deve pure far fronte all’emergenza.
«L’assenza di Lulic peserà tantissimo e anche quella di Onazi. Già la sfida era proibitiva, affrontarla così sarà tostissima. Bisognerà stare attenti in fase difensiva e ringhiare a centrocampo, vincere i duelli e limitare il gioco nel mezzo».
Klose santifica il pari.
«L’ho trovato spontaneo e divertente. Si dice che i giocatori siano sempre banali, Miro è stato tutt’altro. L’X gli andrebbe bene, è stato sincero».
Chi deciderà il big match?
«Impossibile dirne uno della Juve, sono tutti determinanti. Il centrocampo è l’arma in più, ma Tevez e Llorente hanno trovato un’intesa straordinaria. Nella Lazio confido in Hernanes, dopo il bel gol di Udine».
A proposito: in chi si rivede oggi Fiore nella Lazio?
«Tecnicamente più nel Profeta. In assoluto in Candreva. Lui ha più corsa, io ero più trequartista. Il suo percorso però mi ricorda tanto il mio: con l’arrivo di Mancini anch’io fui spostato da centrocampo sull’esterno».
Che idea s’è fatto della vicenda Petkovic?
«E’ stata gestita male dall’inizio. In Italia, quando un allenatore è in discussione e si sa che non rinnoverà, si pensa che non riesca più a dare il massimo e non si comporti da professionista. Ma dove è scritto? Siamo indietro nel nostro paese e condivido il pensiero del tecnico bosniaco, che poteva tranquillamente continuare sino a giugno. Invece di tutte le polemiche ne ha risentito pure la squadra».
Quindi è sbagliato il cambio tecnico?
«No, serviva una scossa, ma bisognava anticiparla. E io non avrei scelto un traghettatore, Reja mi sembra questo. Un nuovo progetto non può ripartire da lui. La Lazio ha tanti giovani e bisognava iniziare a valorizzarli con un’idea come quella del Milan, che ha gettato le basi con Seedorf per il futuro».
Rimpianti per l’addio alla Lazio nel 2004?
«Tanti. Fra Coppa Italia, Champions e Campionato feci sedici gol, fu la mia miglior stagione. Andai agli Europei da protagonista. Ero all’apice della carriera e, se avessi potuto scegliere, sarei rimasto a Roma. Invece fui costretto ad andare a Valencia per la situazione economica biancoceleste».
Dopo l’esperienza da ds del Cosenza, chissà che un giorno non si consumi il ritorno da dirigente alla Lazio.
«Magari, sarebbe un onore e un sogno. Ora sto facendo gavetta: parto dal basso per volare in alto».
In Supercoppa e all’andata due batoste, come si ferma questa Juve quasi imbattibile?
«Ci vuole la complicità dei bianconeri. Le ultime uscite della Lazio contro di loro non sono certo da ricordare. Per quanto qualsiasi avversario possa giocar bene però, questa Juve non ha rivali in Italia. E’ troppo più forte tatticamente, fisicamente e mentalmente. Per ostacolarla bisogna alzare i ritmi, aggredirla e sfruttare la minima disattenzione».
Inciderà la sconfitta bianconera con la Roma in Coppa Italia?
«Conte è un mago a voltar pagina».
Reja deve pure far fronte all’emergenza.
«L’assenza di Lulic peserà tantissimo e anche quella di Onazi. Già la sfida era proibitiva, affrontarla così sarà tostissima. Bisognerà stare attenti in fase difensiva e ringhiare a centrocampo, vincere i duelli e limitare il gioco nel mezzo».
Klose santifica il pari.
«L’ho trovato spontaneo e divertente. Si dice che i giocatori siano sempre banali, Miro è stato tutt’altro. L’X gli andrebbe bene, è stato sincero».
Chi deciderà il big match?
«Impossibile dirne uno della Juve, sono tutti determinanti. Il centrocampo è l’arma in più, ma Tevez e Llorente hanno trovato un’intesa straordinaria. Nella Lazio confido in Hernanes, dopo il bel gol di Udine».
A proposito: in chi si rivede oggi Fiore nella Lazio?
«Tecnicamente più nel Profeta. In assoluto in Candreva. Lui ha più corsa, io ero più trequartista. Il suo percorso però mi ricorda tanto il mio: con l’arrivo di Mancini anch’io fui spostato da centrocampo sull’esterno».
Che idea s’è fatto della vicenda Petkovic?
«E’ stata gestita male dall’inizio. In Italia, quando un allenatore è in discussione e si sa che non rinnoverà, si pensa che non riesca più a dare il massimo e non si comporti da professionista. Ma dove è scritto? Siamo indietro nel nostro paese e condivido il pensiero del tecnico bosniaco, che poteva tranquillamente continuare sino a giugno. Invece di tutte le polemiche ne ha risentito pure la squadra».
Quindi è sbagliato il cambio tecnico?
«No, serviva una scossa, ma bisognava anticiparla. E io non avrei scelto un traghettatore, Reja mi sembra questo. Un nuovo progetto non può ripartire da lui. La Lazio ha tanti giovani e bisognava iniziare a valorizzarli con un’idea come quella del Milan, che ha gettato le basi con Seedorf per il futuro».
Rimpianti per l’addio alla Lazio nel 2004?
«Tanti. Fra Coppa Italia, Champions e Campionato feci sedici gol, fu la mia miglior stagione. Andai agli Europei da protagonista. Ero all’apice della carriera e, se avessi potuto scegliere, sarei rimasto a Roma. Invece fui costretto ad andare a Valencia per la situazione economica biancoceleste».
Dopo l’esperienza da ds del Cosenza, chissà che un giorno non si consumi il ritorno da dirigente alla Lazio.
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