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NEGRO: “Minacciate le mie figlie”
IL TEMPO (D.Palizzotto). L’ex difensore della Lazio sta tuttora vivendo un incubo: “H vissuto nel terrore, sono stato trattato come un camorrista. Ora voglio giustizia, poi mi piacerebbe allenare la Lazio…”
RASSEGNA STAMPA SS LAZIO- E’ una delle bandiere della Lazio del passato, con 376 presenze in biancoceleste. Paolo Negro sta vivendo tuttora un incubo, accusato di aver preso parte alla presunta combine di Siena-Lazio del 27 maggio 2006-07. Domani Negro si presenterà in tribunale per l’ennesima udienza del processo di primo grado contro Marco Fardellotti, Valentino Aliberti e Andrea Caprinozzi, Emanuele Fois e Filippo Fazioli, imputati con l’accusa di tentata estorsione e condannati fino a 3 anni e 4 mesi di reclusione. In quella gara Negro, all’ultima in Serie A, firmò il gol del 2-1 per il Siena che diede la salvezza ai toscani, ma tre anni fa Marco Fardellotti si presenta nel salone di bellezza gestito dalla moglie dell’ex difensore biancoceleste. «Mi parlò della partita Siena-Lazio, dicendo che era venuto a conoscenza di una presunta combine. Voleva dei soldi per restare in silenzio, per la precisione 250mila euro -l’intervista realizzata dal quotidiano Il Tempo-. Quella falsità mi fece ridere in un primo momento, stavo per andarmene ma lui mi fermò. Mi disse: “Sappiamo che hai due figlie”. Speravo di non aver capito bene, e invece aveva davvero minacciato le mie figlie. Lo salutai e andai subito a denunciarlo. Le indagini della polizia sono durate 3 mesi, nei quali ho vissuto nel terrore. Ero sempre attaccato al telefono e passavo ogni mattina all’asilo delle mie figlie per controllare che fosse tutto apposto. La polizia mi è sempre stata accanto, ma sono stati mesi molto duri». Poi gli arresti nell’ottobre 2011. «Sono finito sui media come se fossi un camorrista coinvolto in fatti di calcioscommesse, mentre le minacce continuavano. Ho smesso di dormire e non ho più potuto pensare al calcio, cercare una squadra. Alcuni presidenti mi hanno scartato dicendo di non volersi “mettere nei guai”». Un calvario che però non è ancora finito. «Queste persone abitano vicino casa mia e hanno provato ad avvicinarmi di nuovo, ho dovuto chiudere il negozio, i clienti non venivano più da “Negro il camorrista”, ma soprattutto queste persone hanno minacciato le mie figlie. Non esiste. Ora voglio giustizia, queste persone devono essere condannate. Poi vorrei allenare. E il mio sogno è la Lazio».
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