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La partita del rimpianto

IL MESSAGGERO (C.Mimun). “Per la Lazio visto che ormai l’Europa è un miraggio anche a causa delle ultime due sciagurate partite in casa, dove siamo riusciti a pareggiare, solo in extremis, con Torino e Verona”…

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RASSEGNA STAMPA SS LAZIO – Stasera a San Siro è previsto il pienone, ma non sono i tre punti in palio e la lotta all’Europa League tra Inter e Lazio ad averlo determinato bensì l’addio al calcio di Javier ZANETTI. Come evidenzia Clemente Mimun nel suo editoriale sulle colonne de Il Messaggero, all’età di 41 anni l’argentino fa ancora la sua ottima figura nel campionato italiano. “Sarà l’ultimo match in neroazzurro anche per Milito e Samuel, altri due eroi del triplete, ormai in disarmo. Partita dei saluti, dunque, ma anche dei rimpianti.Per la Lazio soprattutto visto che ormai l’Europa è un miraggio anche a causa delle ultime due sciagurate partite in casa, dove siamo riusciti a pareggiare, solo in extremis, con Torino e Verona, belle squadre certo, ma che dovevamo e potevamo battere. Edy ricorda di aver fatto 33 punti e spiega che se fosse stato al timone dall’inizio saremmo nelle coppe continentali. Lo credo anche io, anche se il team di quest’anno, dopo una campagna acquisti più o meno inesistente, avrebbe avuto più difficoltà che in passato. Ma del risultato di stasera mi è quasi indifferente. Con tutta franchezza aspetto con più gioia ed emozione il pienone all’Olimpico per la festa nel ricordo dello scudetto del maggio 1974. 40 anni fa ero in curva sud per il rigore decisivo di Giorgione. Eravamo tutti felici e commossi. Era un tricolore che ci strameritavamo, ma che sembrava impossibile. E, invece, Maestrelli e quella banda di campioni un po’ squinternati in maglia biancoceleste, ingaggiati dal Presidente Lenzini, che, alla bisogna, non disdegnava anche di spargere sale sulla pista attorno al campo, per cacciare il malocchio, cela fecero. Dio li benedica tutti, ovunque sono, per le emozioni che ci hanno regalato. Ricordo che quella domenica andai allo stadio almeno tre ore prima, con quattro amici, le solite ciriole e delle birre che diventarono via via roventi. Era un calcio più semplice, un tifo più sano, non c’erano né uffici immagine, né sponsor milionari. Sarà che invecchio, ma che rimpianto”.

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