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LAZIO, ci risiamo: PIOLI deve spegnere spie e vecchi fantasmi, ma sistemando la difesa. Per ora testa bassa e ‘Carpe Europa League’…

Della serata dell’Olimpico non c’è praticamente nulla da salvare se non i ritorni di Basta e Keita e alla conferma di De Vrij. Urge serenità e un rinforzo di peso a gennaio…

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LAZIO-JUVENTUS, IL RACCONTO – Al 2′ sembra partire meglio la Lazio con una buona palla di Keita sul taglio di Klose che si allarga ma in mezzo non c’è nessuno e guadagna solo il corner. All’8‘ ci prova la Juve su calcio di punizione, ma il pallone rimane rasoterra e la deviazione della barriera lo rende docile tra le braccia di Marchetti. All’11 arriva l‘occasione più nitida per la Lazio nei primi minuti, con il cross pennellato di Biglia per la capocciata di De Vrij, però troppo potente e alta sopra la traversa. Al 14‘ timida risposta dei bianconeri con un tiro da fuori di Carlitos Tevez senza troppe pretese. Pioli prova a non dare punti di riferimento agli avversari e scambia Candreva con Keita e proprio da loro viene fuori l’occasione al 18′, con lo spagnolo che serve il compagno, ma l’esterno deve sistemarsi il pallone sul destro: il tiro a giro finisce a lato non di moltissimo. Al 21rischia tantissimo la Lazio con Tevez  che entra in area, chiude in scivolata De Vrij con un intervento da applausi. Al 25′ passa in vantaggio la Juve, palla persa a centrocampo e i bianconeri non perdonano: Tevez scodella in maniera perfetta per Pogba che solo davanti a Marchetti non sbaglia. I biancocelesti vanno in bambola, la Juve comincia a fare quello che vuole e per qualche minuto sembra di rivedere la Supercoppa di qualche mese fa. Pogba qualche istante dopo il gol si inventa un destro a giro telecomandato che si stampa sull’incrocio. Al 39‘ la chance per gli uomini di Pioli con il cross di Candreva dalla destra per Keita che si muove bene e incrocia in area ma è impreciso e la porta non vede neanche. Di emozioni non ce ne sono granché e Damato manda le squadre negli spogliatoi senza recupero. Il match riprende con gli stessi ritmi, decisamente bassi. A spezzarli è ancora una volta la Juve: Cana va a spasso e liscia il pallone, anticipato da Pereyra che ha campo per andare in porta, palla per Tevez che si aggiusta il tiro e batte Marchetti per la seconda volta. Pioli prova a correre ai ripari con un doppio cambio: dentro Felipe Anderson e Djordjevic per Keita e Klose. Allegri risponde e manda in campo Morata al posto di uno spento Llorente. Tempo una manciata di minuti e la Juve cala il tris: Pogba, Pereyra e Tevez fanno ciò che vogliono, stavolta l’imboccata è centrale per il francese che fa doppietta. La Juve amministra, non affonda perché non ne ha bisogno. I primi tiri in porta (ad esclusione dei gol), cominciano a vedersi, entrambi con Candreva ma entrambi da lontano e centrali, respinti da Buffon. I bianconeri rischiano addirittura il poker con la bomba di Mattiello (entrato al posto di Pereyra): Marchetti si esalta. La reazione, se così può definirsi, è caricata sui piedi di Fleipe Anderson, che va puntualmente via ai suoi avversari. E’ sua l’iniziativa più pericolosa, entra in area come un coltello nel burro ma calcia addosso a Buffon. Pochi sussulti, il match si chiude così, con la caduta rovinosa della squadra di Piol: con la Juve è 0-3.

LA SPIA E’ ACCESA, MA QUALE? – In queste occasioni la prima domanda che sorge spontanea, dalla quale forse bisognerebbe cominciare, è una sola: ‘Cosa non ha funzionato’? La risposta è presto detta, ed è semplice quanto preoccupante: ‘Niente’. Dalla tattica all’atteggiamento, gli aspetti tecnici, di squadra e individuali, con i soliti uomini chiave stavolta decisamente sottotono. La sconfitta con la Juve diventa ancora più grave perché va a fare il paio con quella ad Empoli nella giornata precedente. Grave lo è già di suo perché è arrivata senza troppa opposizione da parte dei biancocelesti, contro una Juve sì fortissima, ma che non ha dovuto sudare più di tanto per provocarla. Di tiri in porta non se ne sono visti, almeno fino a secondo tempo inoltrato ed è questo un segno eloquente. Si può anche partire dal presupposto per cui è stata una serata caricata fin troppo, attesa per due settimane e ormai gonfia di aspettative, ma se non si è in grado di tenere a questo tipo di pressioni giocando una partita quanto meno degna, allora occorre un esame di coscienza. Questo 0-3 arriva a ridimensionare un po’ quella che è la Lazio in questo momento e le dichiarazioni di Klose sono a dir poco dimostrative e chiare: “Scordiamoci il terzo posto, almeno per ora”. Ora, adesso, in un presente sempre tenuto in altissima considerazione, come l’unica cosa che conta, dalle parole di mister Pioli dall’inizio del campionato. E questo presente inizia a far accendere qualche spia: impossibile pensare che sia già quella della benzina con un contachilometri che segna un numero ancora troppo basso, che sia quella dell’olio? E’ ovvio dire che ci sta una sconfitta con la squadra più forte d’Italia, ma così diventa difficile da digerire. La prova di forza della Juve c’è stata ed è inutile negarlo, è stata silenziosa ma tremendamente letale: gli uomini di Allegri hanno controllato dal primo all’ultimo secondo senza andare mai in difficoltà e ha sfruttato le uniche tre vere palle gol capitate.

CI RISIAMO… – I problemi, o comunque buona parte di questi, è inevitabile che nascano dalla difesa. Se da una parte c’è un De Vrij che è ormai diventato il leader assoluto, sempre più sicuro di sé e dei suoi mezzi, preciso e puntuale nei tempi di giocata, dall’altra c’è il posto da mancino che proprio non ha padrone e quando lo trova sembra non essere all’altezza. Siamo alle solite, tanti gol la Lazio li ha subiti per errori individuali, gli stessi che piano piano hanno fatto affondare la banda Petkovic un anno fa. Cana purtroppo non ha i tempi di giocata di un difensore, non è ancora completamente entrato in quel ruolo, le sue scivolate fuori tempo mandano spesso e volentieri gli avversari in porta, come accaduto in occasione del secondo gol juventino che ha ammazzato la partita. Anche la prima marcatura bianconera è frutto di un pallone perso a centrocampo che ha trovato la difesa laziale completamente fuori posizione, con Braafheid a destra (un suo fallo sarebbe stato più che provvidenziale) e nessuno a sinistra, Lulic inevitabilmente in ritardo e non completamente in grado di svolgere la fase di copertura contro giocatori di questo livello, e Pogba che non perdona. Dopo il primo gol la Juve ha disposto dell’area biancoceleste come meglio credeva con una Lazio completamente in bambola e con la mente che tornava alla finale di Supercoppa persa 4-0 proprio contro la Signora, quando ad ogni azione corrispondeva una rete gonfiata. Ciani fuori fino al 2015, Novaretti punto interrogativo (potrebbe doversi operare) e Gentiletti indisponibile per ancora tanto tempo: urge incredibilmente un rinforzo in difesa, questo è chiaro. L’ultima spiaggia è lo spostamento di Radu e per la verità l’ultima settimana di prove a Formello sembrerebbe portare a questo tipo di soluzione.

L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI MAURI – Spostando l’attenzione sui singoli, forse è proprio Radu che è mancato lì dietro, lui che le diagonali le sa fare e come, ma probabilmente Pioli ha pensato di lavorare di più sulle fasce, cercando di avere il pallino del gioco: l’intenzione è nobile, quella di giocarsela come se si fosse allo stesso livello, ma la realtà poi è un’altra. Almeno nel presente, appunto. E’ mancato però soprattutto Mauri, la sua assenza si è fatta sentire incredibilmente: il capitano è l’unico uomo in grado di dare veramente le distanze alla sua squadra, di cercare la verticalizzazione immediata ma anche di riceverla. E’ stata pesante soprattutto in relazione alle prestazioni degli altri di centrocampo, con un Parolo che avrebbe bisogno di ossigeno, dal momento che non si è mai fermato ed aveva giocato con la Nazionale appena quattro giorni fa. Il compito a questo punto sarebbe spettato a Lulic, ma il bosniaco è stato decisamente troppo falloso e impreciso, lodevole per volontà, applicazione e capacità di partecipare all’azione, ma incapace di condurre a pieno l’azione d’attacco dopo aver recuperato magari un pallone a centrocampo (vedi Cagliari). Di contro Lucas Biglia non è stato il solito fenomeno e non si può chiedergli di esserlo tutte le domeniche: tra l’altro, se prima bastava l’argentino per affrontare da solo tutto il centrocampo avversario, ieri sera davanti c’erano Pogba, Pirlo e Marchisio. Buono il primo tempo di Keita, al ritorno dopo l’infortunio, anche se spesso si intestardisce un po’ troppo in alcuni tocchi leziosi, ma nelle azioni pericolose della Lazio il suo zampino c’è sempre. Di contro si è visto forse il peggior Candreva della stagione, i cambi di fascia con lo spagnolo non lo hanno giovato per nulla e anche la condizione fisica sembrava approssimativa, anche lui reduce dalla Nazionale: all’esterno di Tor de’ Cenci non è riuscito nemmeno un dribbling. Discreto anche il ritorno di Basta dopo due mesi, mentre Klose ha fatto quello che ha potuto. Il tedesco si è dannato l’anima ma è stato poco e mal servito e gli unici palloni che gli arrivavano erano i lanci lunghi puntualmente preda di Chiellini e Bonucci. Per contrastare la fisicità dei bianconeri lì in attacco forse un Djordjevic dall’inizio poteva essere più vantaggioso, così come il doppio attaccante dopo lo 0-2, piuttosto che la staffetta tra i due. Entrato bene in partita Felipe Anderson, che ha messo un po’ di pepe sulla destra, anche se c’è da dire che ormai la partita era già praticamente decisa. Probabilmente Pioli aveva in mente di sganciarlo a gara in corso sperando che questa fosse però ancora in bilico.

E ORA…? – In un certo qual modo le dichiarazioni di Klose sono davvero sintomo di una consapevolezza che potrebbe trasformarsi in una maggiore umiltà a partire dalla trasferta di Verona col Chievo. Di certo va fatto qualche cambio in difesa, ma soprattutto bisogna rimboccarsi le maniche, testa bassa e lavorare senza proclami: l’obiettivo è quello di trovare se stessi. Trovare, non ritrovare. Ad ora la Lazio non sembra del tutto pronta per entrare stabilmente nei primi 3-4 posti della classifica, ha bisogno solo di poter crescere serena, poi starà ai biancocelesti in campo dimostrare eventualmente il contrario. La fortuna, che poi va sicuramente raccolta e aiutata con audacia, è che il terzo posto ad ora è distante ancora solo tre punti con il Napoli bloccato in casa dal Cagliari, così come Samp e Udinese. Oggi però la filosofia pioliana è il ‘Carpe diem’, e allora ‘Carpe Europa League’. Almeno per il momento. 

Francesco Iucca

TWITTER: @francescoiucca

 

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