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Il Campione (di umiltà) Klose: prima raccoglie i palloni, poi… li butta in rete!

LAZIONEWS.EU. Chissà cosa sarebbe successo se quel giorno del 1986 la famiglia Klose avesse deciso di rimanere a Opole invece di trasferirsi a Kusel…

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APPROFONDIMENTO LAZIONEWS.EUChissà cosa sarebbe successo se quel giorno del 1986 la famiglia Klose avesse deciso di rimanere a Opole invece di trasferirsi a Kusel, dove Miro prima si è innamorato del calcio e poi ha iniziato a tirare i suoi primi calci ad un pallone. Forse oggi sarebbe un carpentiere, visto che quello doveva essere il suo futuro. Ma quel giovincello alto, magro e naturalizzato tedesco avrebbe presto abbandonato le cianfrusaglie da lavoro per girare la Germania con un borsone sulle spalle e un paio di scarpini ai piedi. Se esiste un Dio del calcio, con Miro Klose è stato generoso. Ma la verità è che il Panzer il suo talento lo ha coltivato sempre con impegno e determinazione, quella che lo ha portato sul tetto più alto del mondo. Quando è arrivato a Roma in molti hanno storto il naso: le ultime annate non erano andate proprio bene e la via del tramonto sembrava essere stata intrapresa. Klose ha convinto tutti senza clamori da prima pagina, ma con giocate e gol da Campione. 

CAMPIONE DI UMILITA’ – Quando è sbarcato a Fiumicino in molti hanno capito che Klose prima che un Campione sul campo era un Campione nella vita. Mai una parola fuori posto, mai una frase detta senza pensare. A Formello si diletta a condividere parte della sua arte ai più giovani, dispensa consigli per tutti. Senza superbia o maestria, ma con quell’umiltà che, forse, davvero, è il vero talento di Miro. Perché ogni fine allenamento il tedesco si fa sempre un ultimo giro di campo, per raccogliere i palloni utilizzati e rimetterli nell’apposita sacca. Un piccolo gesto che solo i grandi uomini sanno fare.

300 IN CARRIERA – E un grande uomo, e grande giocatore, non può che ottenere grandi risultati. E’ accaduto quest’estate, quando è diventato il calciatore ad aver segnato più gol in un Campionato del Mondo, e ieri pomeriggio, quando ha timbrato la 300esima rete in carriera. Un assist al bacio di Felipe Anderson, un colpo di testa lì dove Consigli non può proprio arrivare. E i due errori di pochi istanti prima, quell’attesa che durava da ormai qualche partita non hanno fatto altro che rendere il tutto ancora più intenso. Ora chiamatelo anche “vecchietto”, appellatelo in qualsiasi modo voi vogliate, perché da quando è arrivato nella Capitale ne ha già buttati dentro 40 di palloni e la sensazione è che di fermarsi proprio non ne vuol sapere.

Benedetta Orefice



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