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INSEGNO: “Lotito ci ha tirato fuori dal baratro senza aiuto delle banche, al contrario di altri…”
L’attore comico, noto tifoso della Lazio, parla anche di Petkovic: “Con lui in panchina abbiamo maggior continuità”…
PINO INSEGNO SULLA LAZIO – L’attore comico, nonchè doppiatore e presentatore televisivo, Pino Insegno ha rilasciato una lunga intervista per ‘Tuttomercatoweb Magazine’ nella quale parla della ‘sua’ Lazio:
Immagino sia molto contento visto l’ottimo avvio della Lazio.
“Sì, noi laziali vivendo alla giornata sappiamo perfettamente che dobbiamo navigare a vista, se volessimo essere tranquilli e sicuri avremmo scelto di tifare Real Madrid o Barcellona. Si tratta di cogliere sempre il fiore quando sboccia e coccolarcelo un po’. Ma noi non ci accontentiamo: quando inizi ad odorare la vittoria perdi contatto con le sconfitte, e quando queste arrivano fanno un po’ più male perché hai paura di ricadere nel buio”.
Cosa ne pensa di Petkovic?
“Tutto il bene possibile, quando è arrivato era considerato un oggetto non identificato, era un bellissimo signore, un anello di congiunzione tra me e George Clooney come tipologia di uomo, una persona culturalmente molto preparata che parla svariate lingue. Alla luce dei fatti abbiamo visto che con gli stessi calciatori – tranne qualche innesto – dello scorso anno Petkovic riesce a far giocare la squadra; significa che ha le idee chiare e ha azzeccato il modo di gestire lo spogliatoio, si vede dal fatto che quando uno viene sostituito gli va a stringere la mano, cose che non si vedevano in Italia da mille anni”.
Questa Lazio dove può arrivare?
“La Lazio fa tutto e il contrario di tutto. Mi sembra che ci sia maggior continuità rispetto al passato. Petkovic ha sbagliato solo a Napoli dove ha cercato di giocare a viso aperto affrontando il match come fosse l’andata di una coppa e non come gara di un campionato a lungo termine: ha cercato di fare risultato anche lì, questo gli rende onore ma allo stesso modo Petkovic deve abituarsi a gestire un torneo lungo e importante come quello italiano. Credo che possa camminare, l’inizio tra campionato ed Europa League è molto promettente, se non accade nulla a livello medico mi aspetto una bella cavalcata”.
Se la sente di tracciare un bilancio di questi otto anni di gestione Lotito?
“Lotito è riuscito a tirarci fuori dal baratro senza l’aiuto esterno dalle banche, al contrario della Roma, abbiamo avuto qualsiasi tipo di contrasto rischiando veramente di morire. All’inizio si parlava di un gestore freddo e distaccato che però ha portato la Lazio nel fair play finanziario; sono poche le squadre che come la Lazio possono guardare in faccia il proprio commercialista. Da quel punto di vista nulla da dire. La Lazio ha navigato in Champions e in Coppa Uefa, non vincendo tanto ma teniamo conto dei sacrifici. Una persona non deve essere simpatica per forza a tutti, lui ha personalizzato la società su se stesso, non è stato molto disponibile con i tifosi ma sembra che in tal senso il vento sia cambiato, vedo che c’è una sorta di riavvicinamento; durante le gare viene più augurato nessun tipo di malattia, anche grazie a queste vittorie e tutto quanto. Tirando le somme è una gestione positiva”.
Il suo ricordo più bello come tifoso?
“E’ ogni volta che vado a vedere la Lazio, i momenti belli e brutti combaciano sempre; come tutte le squadre riesce a farsi amare e odiare allo stesso tempo, i momenti belli sono quando ti porti a casa un risultato importante. Ma il 2000 non lo dimenticherò tanto facilmente: la vittoria dello scudetto, quel periodo cragnottiano di grande gioia, ogni partita sembrava di essere a teatro. Anche quello della sofferenza è stato un bel periodo, io avvicino sempre i momenti bellissimi a quelli bruttissimi, si assomigliano tanto perché sono emozionalmente molto ampi, per cui li vivo con la stessa intensità”.
Tra l’altro sarebbe potuto diventare un calciatore. Il Gen. Coletta, responsabile del settore giovanile, mi ha detto che era un grande talento.
“Ho vinto il campionato nazionale Primavera con il Banco Roma in serie D, poi sono andato qualche tempo al Latina, poi al Casalotti e Tor Sapienza; ho navigato in quella fascia lì, ma tutto quanto è svanito dal Banco Roma, ero davvero forte ma non avevo le amicizie giuste, ero un ragazzino pulito che pensava di essere valutato per il proprio talento e non per altro, come invece capita spesso nella vita. Avevo 17 anni e nessuno dietro le spalle che potesse supportarmi per andare avanti, mentre si sono affermati altri che magari mi facevano da riserva. Ringrazio comunque tutto questo perché mi ha insegnato tantissimo, mi ha dato la possibilità di conoscere la vita e fare quello che amo di più in assoluto. Il Generale Coletta lo nomino volentieri perché è stato uno di quelli che ha creduto in me all’Urbetevere, dove mi ha fatto disputare bellissime partite, è stato un bel trampolino”.
Che ruolo ricopriva?
“Giocavo sulla fascia, ho iniziato come mediano di spinta poi sono diventato ala tornante e infine terzino fluidificante, la cosa migliore visto che partendo da dietro ero molto veloce: sui 100 metri ottenevo grandissimi tempi anche perché frequentavo l’ISEF. Partire da dietro, anticipare l’avversario e andare in sovrapposizione quando era una mossa non tanto praticata costituiva un ottimo punto di partenza”.
Per caso ha trasmesso i geni a suo figlio Matteo, giovane promessa del vivaio biancoceleste?
“Lui è molto più forte di me, io ero un uomo di fatica, uno da far entrare negli ultimi dieci minuti per risolvere la partita con un cross o una bella fuga, riuscivo a fregare l’uomo allungandomi, senza dribblarlo. Matteo gioca mezzo sinistro a centrocampo, è un regista, fa il lancio di fino e batte le punizioni; da me ha preso sicuramente la passione per il calcio e la lazialità, ma io ero un tipo agonistico, lui invece ha molta tecnica, si tratta di una bella mezz’ala. Poi è nato il nove gennaio, insomma tante cose hanno influito. E’ entrato alla Lazio senza il mio intervento, Matteo giocava al San Paolo Ostiense fino allo scorso anno, in seguito è stato osservato dal Pollini che lo ha fatto vedere al tecnico De Cosmi ricevendo parere fa- vorevole; ora sta crescendo nei Giovanissimi Nazionali, fra convocazioni e non, è giusto che paghi pegno e conosca come è conquistarsi un posto da titolare”.
E’ impegnato nel doppiaggio di “Django Unchained”: ci vorrebbe uno sceriffo nel calcio di oggi?
“Servirebbero Franco Nero, Giuliano Gemma, Bud Spencer e Terence Hill a dirigere le partite. Sono stati inseriti due arbitri che generano ancora più confusione di prima, non ho visto grandi miglioramenti; sarebbe bastato mettere qualcosa di tecnicamente evoluto come negli altri sport, invece ogni arbitro interpreta a modo suo, per uno è rigore e per un altro non lo è. Serve una riunione di condominio per decidere se la palla è dentro e fuori, mi sembra ridicolo, hanno unicamente aggiunto altra discrezionalità in campo e nulla di tecnicamente al di sopra delle parti”.
Dal 28 novembre inizierà al teatro Ghione di Roma “TVb”, uno spettacolo innovativo ed unico nel suo genere: ce ne vuole parlare?
Sarà la prima volta in Europa, è una nuova tecnologia meravigliosamente invasiva, esclusiva della Tangram, una società italiana abbinata agli Stati Uniti e la Germania che porterà gli ologrammi sul palcoscenico. Ho chiesto ad alcuni colleghi di prestare la loro presenza virtualmente in scena, sembrerà che mi stiano accanto; non vedo l’ora di partire, sarà uno spettacolo ricco di personaggi importanti e soprattutto di idee, è inutile avere un grande cantante o un grande attore se poi mancano i contenuti, e in questo caso, ci sono gli uni e gli altri”.
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