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Cuore e coraggio: la favola di Simone Inzaghi, da tre anni al timone della (nuova) Lazio
LAZIO INZAGHI ALLENATORE – Era quasi fatta per Bielsa alla Lazio. I tifosi biancocelesti non vedevano l’ora di accogliere a Roma El Loco: un carattere eccentrico e bizzarro cresciuto a pane e calcio. Poi, l’improvviso forfait. Simone Inzaghi, ex attaccante biancoceleste, reduce dalla Primavera e già praticamente seduto sulla panchina della Salernitana dopo la breve esperienza come sostituto dell’esonerato Pioli, viene chiamato in fretta e furia per rimpiazzare l’argentino. Sono in molti quelli che iniziano a storcere il naso, non reputando il piacentino all’altezza del compito. La prima esperienza in A, alla guida della Prima Squadra della Capitale.
DA BRUTTO ANATROCCOLO A CIGNO – La favola vuole poi che il brutto anatroccolo si trasformi in cigno. Inizia il campionato, la Lazio comincia a volare in classifica e a planare su record storici, abbattendoli (quasi) tutti, di partita in partita. “Merito di Simone“, diranno in molti a fine stagione. Lui, il dodicesimo uomo in campo, esulta con i suoi ad ogni gol, si dispera quando li vede in difficoltà. Sa parlare al gruppo, sa cambiare modulo e tattica nei momenti più opportuni, sa far emergere giovani e nuovi talenti. Simone sa fare l’allenatore, i risultati parlano chiaro: questa Lazio entra nella storia, raggiungendo risultati inaspettati.
LA CONFERMA – Al secondo anno in panchina era difficile superarsi. Ed invece il fratello minore di Pippo Inzaghi ha dimostrato ancora una volta di essere capace di gestire con umiltà un gruppo, e di farlo brillare. Il primo marzo del 2017, dopo quasi quattro anni dall’ultimo, torna a far vivere ai biancocelesti la gioia di vincere un derby in Coppa Italia. Il 30 aprile successivo ha la meglio sulla Roma anche in campionato: erano quattro anni e cinque mesi che la Lazio non vinceva una stracittadina in Serie A. L’ex calciatore termina così la stagione con un secondo posto in Coppa Italia e la qualificazione in Europa League forte del quinto posto in classifica.
LA SUPERCOPPA – Simone dovrà aspettare il 17 agosto del 2017 per il suo primo titolo da allenatore: la Lazio, nella partita valida per l’assegnazione della Supercoppa italiana, supera i campioni d’Italia in carica della Juventus. Un risultato storico per Inzaghi, l’unico negli annali del club capitolino ad aver vinto questo premio sia da giocatore che da allenatore. “Il nostro segreto è il lavoro e il grandissimo sacrificio. Questi ragazzi sono la mia fortuna: gli ho chiesto di fare una partita di squadra, e vedendoli giocare in questo modo, sono fiero di allenarli”, dirà a fine partita il mister. Cuore laziale.
IL SOGNO SFUMATO – Non sempre però le favole terminano col lieto fine: dopo una stagione addirittura migliore di quella precedente, la Lazio sfiora la qualificazione in Champions, mancando in extremis il quarto posto. È il 20 maggio del 2018, l’Inter vince all’Olimpico per 3 a 2 e, in virtù degli scontri diretti, scavalca il club romano che deve accontentarsi dell’Europa League. Di nuovo. “Non dimentico quella gara, e per colpe non solo nostre lo scorso anno non siamo arrivati all’obiettivo. Quello di quest’anno è arrivare al quarto posto“. Non si dà per vinto Simone, che inaugura così la sua terza esperienza al timone del club.
RIVINCITA – La sua rivincita personale con l’Inter, il mister l’ha avuta: prima la (sudata) vittoria ai rigori in semifinale di Coppa Italia che ha permesso ai biancocelesti di volare ai quarti di finale della competizione, poi l’ultima gara di campionato disputata a San Siro che ha portato la Lazio a (re)inserirsi prepotentemente nella corsa Champions.
UNA NUOVA LAZIO – Al terzo anno alla Lazio, non sono mancate le difficoltà per Inzaghi, con un inizio di stagione tutto in salita. Poi la svolta. Simone ha saputo reinventare una squadra trovando una soluzione tattica che gli permettesse di schierare contemporaneamente gli insostituibili Luis Alberto, Milinkovic-Savic, Correa e Immobile. La ‘formula fantasia’ è la nuova carta vincente di una squadra che spesso è caduta con la stessa facilità con cui si è sempre rialzata. Merito, soprattutto, di un allenatore giovane e preparato che in questi anni ha pensato solo al calcio. Il suo calcio, fatto di collettività, spirito di squadra e tanto cuore.
Alessandra Marcelli
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