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Felipe Caicedo, storia dell’ultimo Re Inca. L’importanza del Panterone per questa Lazio
CAICEDO LAZIO – Ci sono delle persone che per discrezione, educazione, o timidezza, non parlano tanto. Si mettono in un angolo, osservano, ascoltano, e spesso sorridono senza mai essere invadenti o sgarbate. Sembra che vogliano farti sentire al sicuro già solo con gli occhi, come genitori che seguono con lo sguardo i progressi in bicicletta di un bambino. Ti dicono con i pensieri -”Ci sono”, anche se tu non li puoi sentire -”Dove non arrivi tu ci penso io”. Ed è questo è quello che trasmette Felipe Caicedo quando mette piede sul rettangolo verde. Il gigante di Guyaquill, a suon di prestazioni che danno sicurezza a tutto l’ambiente Lazio, si sta ritagliando il ruolo di angelo custode della marcia biancoceleste verso la vetta della classifica.
Da dove viene lui (Ecuador ndr), c’è un detto secondo cui esiste un filo genetico che lega i cittadini moderni ai grandi imperatori Inca del passato. Uno dei sovrani più raffigurati di quell’epoca è senza dubbio Huyana Capac; capo dalla grande forza spirituale, timido, e concreto tanto da resistere al primo sbarco spagnolo nelle Americhe Latine. Se il detto fosse vero, Caicedo sarebbe il diretto discendente di Huyana fatto calciatore. Il Panterone in campo mostra una forza fisica prorompente e un’inclinazione al sacrificio per la squadra che – al momento – non ha eguali nella Serie A. I suoi compagni si fidano di lui; lo cercano quando sono in difficoltà, quando la partita si fa tesa e delicata, e lui si fa sempre incontro senza il timore di sbagliare perché è questo quello che fa un leader. Si era detto concretezza? Caicedo è anche questo. In questa stagione si è caricato la squadra sulle spalle più di una volta nei minuti finali quando tutto sembrava spingere l’inerzia delle gare verso una X, e grazie alle sue zampate la Lazio è riuscita a ottenere risultati pieni e secondo posto in classifica. Non avrà la tecnica di Messi, la struttura di Cristiano Ronaldo e il fiuto del gol di Lewandoski, ma in quanto a forza mentale e propensione a guidare i suoi compagni nelle battaglie non è secondo a nessuno.
Giorgio Veloccia
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