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ALLA LAVAGNA | Pioli, scacco in tre mosse: l’analisi tattica di Milan – Lazio
FOCUS LAZIO SPEZIA – “Cosa non è andato? Quasi tutto”, parola di Maurizio Sarri. Che poi ha aggiunto: “Demerito nostro, siamo stati attendisti e lo abbiamo pagato, ma anche merito del Milan”. Tutto vero. Perché se da una parte è palese che la Lazio non abbia mostrato al pubblico giunto alla ‘Scala del calcio’ quanto preparato in settimana, lo è altrettanto il fatto che la squadra di Pioli non abbia sbagliato nulla. Fisicamente e, soprattutto, tatticamente.
Milan – Lazio: le scelte di Sarri
Istituzionalizzato dalla Treccani, il ‘Sarrismo’ è filosofia che, nelle più alte declinazioni, si manifesta in un 4-3-3. Perciò, anche contro il Milan, modulo confermato. Due le novità rispetto allo Spezia, una se si guarda alle informazioni trapelate in settimana. Al fianco di Acerbi non c’è Patric, come dinnanzi ai liguri, ma Luiz Felipe, abile e arruolabile. Marusic è invece la novità assoluta sulla destra, preferito a un Lazzari reduce da infortunio. Per il resto, soliti noti: Hysaj a sinistra, Milinkovic – Leiva – Luis Alberto in mediana e davanti l’ormai istituzionalizzato tridente composto da Pedro, Immobile e Felipe Anderson. Risponde Pioli con una formazione vista Champions: dentro Florenzi e Romagnoli, con Rebic a far le veci del gigante Ibrahimovic.
La chiave tattica dell’incontro
Le velleità della Lazio a San Siro sono durate poco meno di due minuti. La squadra di Sarri, irretita dalla manovra rapida, vivida e avvolgente dei rossoneri, si è immediatamente e inspiegabilmente innervosita. E il merito è tutto, o quasi, di Stefano Pioli. L’ex allenatore biancoceleste ha giocato con la psicologia, le qualità a disposizione dei suoi e, in particolar modo, la tattica. È riuscito a fare ‘scacco matto’ in tre mosse. La prima: una compagine accorta, racchiusa in trenta metri sia orizzontalmente che verticalmente. Un quadrato perfetto. Una corazza per proteggere la squadra e preparare manovre più specifiche. Come la disposizione in fase di non possesso. Quando la palla la avevano i biancocelesti, il Milan lasciava i centrali liberi di impostare, alzava la linea difensiva e, soprattutto, accoppiava Diaz con Leiva, Tonali con Luis Alberto e Kessiè con Milinkovic-Savic. Imbrigliato il centrocampo e tolto gas alla fantasia, la terza, più che una mossa, è stata una garanzia sulla vittoria. Quelle poche volte in cui, per stanchezza avversaria o merito capitolino, la Lazio è riuscita a trovare i centrocampisti abili a offendere, la squadra di Pioli ha sbarrato la verticalità, negato la profondità e concesso l’uno contro uno, in verità scarno e inefficace, sull’esterno. Tirando le somme, quella di San Siro è stata per i biancoazzurri una serata nata male, e conclusa ancora peggio: un decalogo di quello che un undici di Sarri non deve mai fare.
Dalle idee alla pratica: cos’ha funzionato?
In verità, nulla. La Lazio non è riuscita ad arginare l’esuberanza fisica, tecnica e tattica del Milan, andando in affanno sin dai primi minuti. La squadra è rimasta, come sottolineato da Sarri, “a metà strada tra due pensieri opposti tra loro”.
Passo dopo passo: cosa c’è da migliorare?
“Quasi tutto”, prendendo ancora a prestito le parole dell’allenatore biancoceleste. Ingredienti di una sconfitta netta e mai in discussione, sono la prestazione scialba delle stelle, l’inoperosità del fronte offensivo, la mancanza di coperture preventive (vedere secondo gol) e un pizzico di nervosismo di troppo. Il cartello ‘lavori in corso’ dovrà restare ancora per un po’ appeso ai cancelli di Formello. E non v’erano dubbi.
Daniele Izzo
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