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ALLA LAVAGNA | Una caduta inaspettata: l’analisi tattica di Bologna – Lazio

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FOCUS BOLOGNA LAZIO – Inaspettata, per certi aspetti fragorosa, per altri incredibile. La caduta della Lazio a Bologna, dopo le vittorie nel derby e in Europa, è assimilabile per da un certo punto di vista al down informatico che ieri ha colpito Facebook, Instagram e Whatsapp, emanazioni del marchio Zuckerberg. Se infatti da una parte nessuno si sarebbe aspettato un problema estemporaneo, ma incredibilmente duraturo, alle tre note applicazioni, dall’altra in pochi avrebbero creduto a una debacle così clamorosa, e al contempo estremamente giusta nel punteggio, per la compagine di Maurizio Sarri.

Bologna – Lazio: Immobile non ce la fa, spazio a Muriqi

Com’è il detto? Squadra che vince non si cambia, esatto. In ossequio all’espresso, tra i più famosi in ambito sportivo, Maurizio Sarri a Bologna ha confermato per dieci undicesimi la squadra che ha vinto il derby. L’unico cambio, dettato da problemi di natura fisica, è stato Muriqi per Immobile. Per il resto tutto invariato: Reina in porta; Marusic, vinto il ballottaggio con Lazzari, sull’out di destra; e poi da Acerbi e Felipe Anderson, i soliti noti. A cambiare veste tecnica, e soprattutto tattica, alla sua squadra è stato invece Sinisa Mihajlovic. L’ex difensore della Lazio, dopo una settimana travagliata caratterizzata dall’addio di Sabatino e dal ritiro, ha optato per il cambio modulo. Fuori il 4-2-3-1, dentro il 3-4-2-1. Più solidità alla difesa, tanta corsa sugli esterni e libera inventiva a Barrow e Soriano sulla trequarti. A conti fatti, una mossa più che azzeccata.

La chiave tattica dell’incontro

Più che tattica, la chiave di Bologna – Lazio è da ricercarsi sul piano motivazionale. A imprimere la netta differenza, ossequiosamente rappresentata dal punteggio, è stata la sigla coniata da Mihajlovic nella conferenza stampa della vigilia: AIC. Atteggiamento, intensità, concentrazione. Fin dai primi minuti di gioco pare evidente come i felsinei siano più insistenti, cattivi e pronti a giocarsi una guerra pedatoria nel giorno dei 112 anni della società. Qui l’atteggiamento. Poi gli altri due punti, prettamente tattici: intensità e concentrazione. In ogni fase della gara, con o senza la palla, in transizione positiva o negativa, Soriano e compagni hanno fatto tutto meglio. Il pressing alto, quasi asfissiante, ha imbavagliato la fantasia della Lazio, ha reso nervose le sue stelle e, da ultimo, ne ha scoperto le debolezze. Perché se è vero che al ‘Dall’Ara’ si è visto ben poco del mirabolante gioco espresso contro Roma e Lokomotiv Mosca, altrettanto certo è che la squadra biancoceleste ha provato a pensare, a sviluppare calcio secondo i dettami voluti dal proprio allenatore. Ma è mancata, ed è questo l’ultimo punto, laddove il Bologna è stato perfetto: concentrazione, tecnica e tattica. Il risultato, i tre gol di scarto, è stato solamente logica e inconfutabile conseguenza di tutto ciò.

Lazio rimandata: cos’ha funzionato contro il Bologna?

“Il piatto piange”. Non è solo il romanzo d’esordio di Piero Chiara, bensì anche una nota espressione che, nel mondo delle carte, sta a indicare che qualche giocatore non ha versato la sua posta. Bene, al ‘Dall’Ara’ nessuno dei giocatori, da Reina a Muriqi, ha versato qualcosa alla Lazio, alla partita. Niente ha funzionato, e il risultato è li a testimoniarlo.

Mentalità e stanchezza: cosa manca ancora alla Lazio

Sarebbe facile, dopo una sconfitta di tal dimensione, additare alla Lazio le mancanze. Più realistico e veritiero, quindi, rifarsi alle parole di Maurizio Sarri, colui il quale sta provando a rivoluzionare mentalità e gioco dei capitolini: “Per rimanere a certi livelli serve un certo tipo di mentalità, è un qualcosa che ci manca ma che dobbiamo costruire – ha detto nei momenti seguenti il triplice fischio il ‘Comandante’, che poi ha proseguito sulla prestazione dei singoli – Milinkovic e Luis Alberto devono diventare centrocampisti totali, per il momento sono giocatori portati solo a giocare palla al piede. Dipende tutto da loro. La rosa ha per forza qualche criticità ma è giusto parlarne all’interno della sede, sapevamo che era una partita a rischio, siamo l’unica squadra ad aver giocato dopo 60 ore, dovevamo essere pronti invece siamo arrivati scarichi”.

Daniele Izzo

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