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Da Petrucci a Malagò, il derby alla rovescia
IL MESSAGGERO (P. Mei) – I presidenti che si sono succeduti al Coni che squadra tifavano?…
RASSEGNA STAMPA SS LAZIO (IL MESSAGGERO) – La maglia ufficiale del Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, è ovviamente azzurra. Ma, come riporta il Messaggero, sotto la maglia ufficiale ci sono quelle del cuore. Dal dopoguerra Giulio Onesti fu il primo a governare al Coni e si diceva fosse del Toro; poi vennero gli anni alla milanese, con Carraro che era milanista e poi Gattai che era interista. La Juve mai: non ne aveva bisogno, il potere calcistico era altrove. Poi seguì il ventennio laziale, con Mario Pescante e Gianni Petrucci. Quest’ultimo, in realtà, ha vissuto una parentesi romanista, non di tifo ma di lavoro, quando divenne vicepresidente della Roma ai tempi di Ciarrapico, anche se per poco. Non è stato ne è il primo caso di laziale professionalmente impegnato per la Roma, o viceversa, se sospetti di “giallorossismo” hanno accompagnato perfino l’attuale numero uno biancoceleste, Claudio Lotito. Che naturalmente smentisce. E laziale era, ed è, naturalmente, Raffaele Pagnozzi, che del Coni è stato segretario generale e che di recente è stato candidato alla presidenza. La loro lazialità non ha impedito diatribe senza fine con la Lazio: questioni di condominio e canone d’affitto. Ma anche al Coni c’è stato un derby e stavolta l’hanno vinto i giallorossi. Giovanni Malagò è il primo presidente romanista a memoria d’uomo al vertice dello sport italiano. E tifoso della Roma è anche il suo segretario generale, Roberto Fabbricini, Ora Petrucci e Malagò dovranno vivere il derby alla rovescia: il primo potrà dare libero sfogo alla sua lazialità, senza curarsi più di tanto, se non per ragioni di fair play, del comportamento; il secondo, invece, habitué della tribuna dell’Olimpico con tanto di sciarpone, giallorosso ereditario, afferma che lo vivrà “con il cuore di sempre, perché non si può essere ipocriti”, ma la sua partecipazione dovrà necessariamente essere “più contenuta”: sono i sacrifici che il ruolo istituzionale impone.
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