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ALLA LAVAGNA | Tra preventive e progressioni: l’analisi tattica di Lazio – Udinese
FOCUS LAZIO UDINESE – È risaputo. Nel calcio moderno, all’interno della stessa partita, possono coesistere ormai più partite, diverse per andamento, qualità, intensità e padronanza dell’una sull’altra squadra. Tale concetto ieri sera si è rivelato al pubblico dell’Olimpico, e non solo, come luce che spande in un caleidoscopio. “Fiat lux”, in altre parole Lazio – Udinese. Proviamo a sbirciare quindi tra la molteplicità di cose che il posticipo della 15° giornata ci ha regalato per riuscire in un’impresa ardua: trovare un filo tattico a una partita che sfugge a ogni logica.
Lazio – Udinese: Sarri conferma e non affossa
Reazione. È intorno a questo lemma che Maurizio Sarri ha impostato la gara contro l’Udinese. Fuori Luiz Felipe, squalificato, dentro Patric. Per il resto Lazio confermata, nonostante la debacle di Napoli. E quindi, Reina tra i pali, Acerbi, Hysaj e Lazzari in difesa, Luis Alberto, Milinkovic e Cataldi in mezzo e il trio Pedro – Immobile – Felipe Anderson davanti.
Luca Gotti, orfano di Pereyra, polo tecnico e tattico della squadra, si affida a un solido 4-4-2, con Deulofeu e Success incaricati di innescare la prepotenza fisica di Beto Betuncal.
La chiave tattica di Lazio – Udinese
Iniziamo da un concetto. Per ‘marcatura preventiva’, nel calcio, s’intende l’atteggiamento difensivo assunto dai giocatori che sono sotto la linea della palla o, più in generale, non direttamente coinvolti nello sviluppo offensivo dell’azione, durante un attacco della loro squadra. Intorno a questa definizione gira uno dei poli tattici di Lazio – Udinese. Una volta andata in svantaggio, difatti, la squadra di Maurizio Sarri è apparsa come una nave in balia delle onde. Ha perso la bussola. E, di conseguenza, anche le marcature preventive. Risultato: prima Beto e poi Deulofeu liberi di galoppare nella metà campo biancoceleste infilando prima lo 0-2 e poi l’1-3. Questa tattica, se così la si può chiamare, ha funzionato alla grande nel primo tempo, quando l’Udinese ha potuto approfittare della passività della Lazio. Decisamente meno nella ripresa, quando la partita si è decisamente tinta di biancoceleste. Colore che, però, si è parzialmente sbiadito all’ultimo minuto di gioco quando, più che la tattica, la concentrazione ha giocato un brutto scherzo alla squadra capitolina, permettendo ai friulani di impattare sul finale 4-4.
La reazione e poco altro: cos’ha funzionato nella Lazio
“Quello che non mi uccide, mi fortifica“. Ieri sera la Lazio, quella del secondo tempo naturalmente, ha colto alla lettera la massima di Friedrich Nietzsche. Né Napoli né un Beto formato Flash piuttosto che Superman, hanno mandato ko i biancocelesti, abili a reagire e rimontare nella ripresa. E’ questo, fuor da ogni dubbio, l’aspetto da salvare della sfida all’Udinese.
Difesa, testa e approccio: cosa c’è da migliorare
Fatta la tara con una partita tra le più pazze viste negli ultimi anni di Serie A, cosa che fatalmente ha influito sullo svolgimento della stessa, la Lazio può recriminare con se stessa per aver regalato un intero tempo di gioco agli avversari. Ma non solo. Ancora una volta, infatti, la squadra di Maurizio Sarri ha difettato nei momenti topici dell’incontro, approccio e finale di gara. Così facendo, ha pregiudicato con errori di testa e concentrazione, non solo una ma ben due volte, un incontro che si poteva e si doveva portare a casa. Ora il treno per l’Europa è scappato avanti di qualche stazione e toccherà iniziare a macinare kilometri e punti per recuperarlo.
Daniele Izzo
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