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Lazio e Nazionale, tutte le storie di un rapporto complesso

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Esulta mattia Zaccagni con la maglia della nazionale

La Lazio e la Nazionale. Due tonalità dello stesso colore, incapaci di trovare l’armocromia. Lo raccontano i casi più recenti, di Mattia Zaccagni e Nicolò Rovella. Ma anche racconti di vecchia data: dalla controversa relazione tra Vittorio Pozzo e Fulvio Bernardini al «vaffa» di Giorgio Chinaglia a Ferruccio Valcareggi, senza dimenticare lo tsunami mediatico che ha sempre annacquato la fame di gol di Ciro Immobile. Sono tutte storie di liti ed esclusioni eccellenti, di critiche e giudizi affrettati. Con un’unica eccezione: Alessandro Nesta.

Lazio e Nazionale, storie di incomprensioni

I casi Rovella e Zaccagni

I fatti non mentono. Anche se è difficile trovare correlazioni, men che meno spiegazioni. Cambiano le epoche, passano i protagonisti e sgualciscono i poster appesi sopra il letto. Eppure, un minimo comune denominatore c’è: la mancata fortuna azzurra dei calciatori biancocelesti. L’ultimo a farne le spese? Mattia Zaccagni. L’uomo che aveva salvato l’Italia del pallone da una, ancora più tragica, eliminazione ai gironi a Euro 2024. Ma che nell’ottavo di finale con la Svizzera fu nuovamente relegato in panchina. Lo stesso uomo che oggi, capitano e faro tecnico di una squadra convincente come la Lazio, resta a casa. Non convocato. «Avevo già parlato con Spalletti: non è un problema», ha commentato a Dazn dopo il gol all’Empoli. Ma la mancata chiamata continua a far rumore. Al pari di quella mai arrivata al telefono di Nicolò Rovella. Un altro che, prestazioni alla mano, meriterebbe maggiore considerazione. «Sono rimasto un po’ deluso» ha glissato, senza abbattersi, in conferenza stampa: «Non vedo l’ora di giocare tutte le settimane con l’aquila sul petto, la convocazione arriverà. Spalletti è un grande allenatore. Fa lui le scelte: è giusto che valuti e so che saprà prendere sempre le decisioni corrette».

Immobile, le critiche oltre i demeriti

LaPresse

L’attuale commissario tecnico ha dovuto gestire anche il caso Immobile. Da capitano a escluso di lusso. Saltò il giro nell’ottobre 2023, a causa di uno stop al bicipite femorale. Ma a novembre, quando si aspettava di tornare in azzurro, la doccia fredda: non convocato. Nonostante al tempo, ma ancora adesso, l’Italia faticasse a esprimere un centravanti con i suoi numeri. «Sono scelte, e come tali vanno rispettate» dissero i più diplomatici. «In Nazionale ha sempre fallito», sostenevano i detrattori. Non c’è verità. Ma, come spesso accade, tra il bianco e il nero vive un’infinita gamma di colori. Ed è lì, nelle sfumature, che si colloca l’esperienza tricolore dell’ora attaccante del Besiktas. Meglio di lui hanno fatto solamente in 15. Le 17 reti in 57 partite gli valgono il sedicesimo posto nella classifica dei marcatori italiani di tutti i tempi. Il migliore tra chi è ancora in attività. A due soli gol di distanza da un campione del mondo come Alberto Gilardino e da una vera e propria leggenda come Roberto Bettega. Forte persino di un Europeo vinto da protagonista, aiutando la squadra sia con i gol, nella prima parte del torneo, sia con i movimenti, nella seconda. Un lavoro prezioso, che fu sottolineato da chi approfondì quell’avventura. Ma che, nel mare magnum di social e media, venne visto per l’ennesima volta come un mezzo fallimento.

Gli altri: dal “Vaffa” di Chinaglia a Signori

La storia, come premesso, è piena di liti e incomprensioni. D’altronde, dal suo debutto a oggi, la Nazionale italiana ha potuto contare su 51 calciatori della Lazio, per un totale di 507 presenze. Il primo biancoazzurro a essere convocato fu Fulvio Bernardini. Che Vittorio Pozzo, commissario tecnico bi-campione mondiale, reputava «troppo più bravo degli altri». Talmente bravo da escluderlo. Dopo di lui, Silvio Piola vinse da protagonista la Coppa del Mondo 1938. E Furiassi, Remondini e Sentimenti IV furono chiamati a difendere l’Italia in Brasile, nel 1950. A distanza di 24 anni dall’esperienza della selezione italiana in Sud America, la Lazio vinse il primo, storico, scudetto. Di conseguenza, Valcareggi non poté esimersi dal portare ai mondiali tedeschi Giuseppe Wilson, Luciano Re Cecconi e soprattutto Giorgio Chinaglia. La scena fu tutta sua. Pareva un set cinematografico, non un campo da calcio. Al minuto 79 della sfida tra Italia e Haiti, il commissario tecnico richiamò in panchina Long John, che la prese male. Uscì dal campo e mandò a quel paese l’allenatore in mondovisione, mettendo una pietra sopra l’esperienza in Nazionale. Fortune alterne, quindi, ebbero anche gli altri laziali. Da Giuseppe Signori, che riuscì mai a calarsi negli schemi di Sacchi, a Roberto Mancini. Senza dimenticare Rocchi, Negro, Favalli, Fiore e Antonio Candreva. L’unica eccezione fu Alessandro Nesta. Campione d’Italia con la Lazio, del mondo con l’Italia e di tutto con il Milan. L’unico fuoriclasse in grado di mischiare biancoceleste e azzurro sulla tavolozza dei colori, e disegnare pagine di storia del gioco.

Daniele Izzo

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