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La ricorrenza. Dal 2007 al 2016: oggi sono nove anni senza ‘Gabbo’
LAZIONEWS.EU – Tristezza, malinconia e rabbia. Così si sveglia l’Italia, così si alzano i romani….
LAZIONEWS.EU – Tristezza, malinconia e rabbia. Così si sveglia l’Italia, così si alzano i romani. Oggi è undici novembre. Non è una giornata come le altre, non può essere un venerdì qualsiasi. Splende il sole in cielo, ovviamente a tinte biancoceleste. È nuvoloso invece dentro i cuori, negli stati d’animo delle persone. Nove anni fa, l’undici novembre 2007, perse la vita Gabriele Sandri.
LA VICENDA – Gabriele Sandri è un laziale, figlio della sponda nobile del Tevere. Dna biancoceleste, cromosomi simili a Chinaglia e Maestrelli e globuli nel sangue rappresentanti l’immagine di Fiorini, Nesta e Cragnotti. Prima di essere un tifoso però è semplicemente Gabbo, un 26enne con la passione per la musica, che ama stare in compagnia degli amici. Gli stessi presenti all’autogrill di Badia al Pino, sull’autostrada A1, in quella domenica autunnale di novembre. Da Roma a Milano. Dalla Capitale per la Lazio. Già perchè a ‘San Siro’ in serata è in programma la sfida contro l’Inter. Al ‘Meazza’ però non si giocherà e lui non ci arriverà mai. Alle 9 del mattino, nel tentativo di sedare una lite con dei tifosi della Juventus, l’agente Luigi Spaccarotella spara dalla carreggiata opposta, dall’alto lato della strada. Lascia partire un proiettile da circa 80 metri, che centra in pieno Gabriele, intento a riposarsi nella sua macchina. Inutile poi i soccorsi. La pallottola non lascia scampo e si prende la sua vita. Quella del poliziotto, invece, viene decisa nell’aula dei tribunali. Dopo un lungo processo, il 1 dicembre 2010 la Corte di Appello di Firenze lo condanna a 9 anni e 4 mesi. Si tratta di omicidio volontario.
RICORDO INDELEBILE – Tutti dalla sua parte. I tifosi del mondo del calcio si sono schierano con Gabbo, cercano costantemente di tenere vivo il suo ricordo, il suo sorriso. La targa a Badia al Pino, posizionata li nel 2011, è piena di sciarpe ed adesivi di tante curve. “Dobbiamo passarlo a salutare”. Il leit motiv di ogni viaggio verso Nord. All’Olimpico poi il suo nome riecheggia sempre. La Curva Nord non lo dimentica. “Gabriele uno di noi“, il coro che si innalza ogni volta che la Lazio gioca in casa. Affetto dimostrato in tanti altri stadi. Da Latina a Parma, da Cosenza a Lecce passando per Genova. In Italia, ma anche in Europa con i bellissimi gesti dei tifosi del Galatasaray e dell’Austria Vienna. Così solo per citarne due. Nessuno muore nel cuore di chi resta. Una frase banale, scontata ma maledettamente vera.
IL DERBY – Destino, coincidenze. L’11 novembre del 2012 all’Olimpico si gioca Lazio-Roma. Un derby tanto atteso, un appuntamento da non sbagliare. Proprio in quella data, cinque anni dopo il fatto di Arezzo. L‘atmosfera allo stadio è incredibile, i laziali sembrano avere una marcia in più. È la spinta di ‘Gabbo’, che fa la voce grossa insieme al nostro Paparelli sopra la Nord. Striscioni, cori e canti sono ovviamente tutti per lui. La coreografia della Curva, immensa ed affascinante, anche. In campo non può che andare bene per la truppa di Petkovic, decisa e abile nell’asfaltare i giallorossi di Zeman. Un tre a due sofferto, una gara sudata, voluta e ricca di significato. Insomma una vittoria da Lazio. Concorde con la propria storia. La sorte ha voluto così. Candreva, Klose e Mauri prendono il volo e portano i tre punti a Gabriele. Sotto la pioggia torrenziale della Capitale, che sembra commuoversi con tutte queste emozioni e dediche.
Riccardo Caponetti
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