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DIABOLIK: “Sono sempre lo stesso: un ultras della LAZIO”
Piscitelli scrive dalla cella nella quale è rinchiuso e sottolinea: “ricordo a coloro i quali sono soliti condannare e giudicare una persona solo perché sia in carcere, che una buona parte dei detenuti sono ancora in attesa di giudizio”…
NOTIZIE SS LAZIO – Nel corso trasmissione ‘La Voce della Nord’ in onda su Radiosei, i conduttori hanno letto una lettera scritta da Piscitelli meglio noto con i nome DIABOLIK.,Questa la lettera: d
“Finalmente ho avuto modo di risentire la mia Voce della Nord, format editoriale prima e anche radiofonico poi, creato da me e portato avanti negli anni con validi collaboratori tutti provenienti dalla Curva Nord. Il format nacque come contenitore in cui la Lazio e il calcio in generale non era, non è e non sarà mai l’argomento principale. Anzi, tutt’altro. Detto questo ciao a tutti, sono Fabrizio Diabolik, e inanzitutto voglio ringraziare coloro i quali sono venuti al Gianicolo dando il via ad una sonora ‘battitura’ avvenuta qui a Regina Coeli. Anche se non posso sentire e vedere che poche persone, sono sicuro che tutto il carcere vi ringrazia per richiamare quell’attenzione che nemmeno l’ultimo grave scandalo è riuscito a destare in tutti gli italiani. A coloro i quali sono soliti giudicare e condannare ogni persona che per un motivo o per un altro cade nelle maglie della magistratura, ricordo e tendo a sottolineare che non sto qui a piangere per me, nonostante viva in gabbia tutto il giorno, bombardato di terapie per tenermi buono e calmo, così pensano loro. Sono abituato a soffrire, cari benpensanti, e a soffrire con la dignità che mi contraddistingue. A prescindere dai fatti tutti da appurare che mi costringono ancora una volta al carcere preventivo, ricordo a coloro i quali sono soliti condannare e giudicare una persona solo perché sia in carcere, che una buona parte dei detenuti sono ancora in attesa di giudizio e, fino a prova contraria, ancora innocenti. A questi dico, inoltre, che dovreste lamentavi più perché c’è un Ministro della Giustizia – quella giustizia che dovrebbe essere uguale per tutti – che si prodiga e si dà da fare, riuscendoci – e mandando a casa dopo pochi giorni – i membri di una famiglia, facendo ricadere l’Italia nelle conseguenze contro tutti i cittadini, e quindi anche su di voi cari benpensanti, costringendoci a pagare le tasse più alte del mondo. Detto questo, chi di voi vuole parlare di me deve farlo, ma deve farlo solo per chi mi conosce veramente e fino in fondo, chi più e chi meno. Per chi lo avesse già dimenticato, nonostante i miei 47 anni suonati ormai, di cui 32 passati in Curva, io sono sempre lo stesso ultras che per la Lazio e la mia curva si è sempre schierato in prima linea. Che per i miei ragazzi si è sempre fatto in quattro, che per le ingiustizie che ci riguardavano ho sempre messo la mia faccia in prima persona e sempre rischiando. Lo stesso che di fronte al secondo tentativo di rubarci lo scudetto non ci ha pensato due volte a farsi massacrare e sparare addosso da pochi metri di distanza dal boia di turno, che sparò quel lacrimogeno ad altezza d’uomo, colpendomi per poi accanirsi su di me, che avevo portato il gruppo sotto la Federazione. Voi che volete sentire parlare solo di Lazio e che ve ne fregate di tutto, eravate a casa ma poi avete festeggiato uno scudetto che solo 300 persone erano riuscite a vincere. E cioè, quelle presenti quel giorno di una stupenda battaglia vittoriosa. Ora c’è un’altra battaglia da combattere, ed è quella della libertà e della dignità dell’essere umano, contro l’ingiustizia che in Italia la fa da padrone, grazie anche a gente come voi che deve augurarsi di non trovarsi mai nelle condizioni che vivono i detenuti in Italia, perché sicuramente non avrete la dignità mia e quella di molti altri detenuti che vivono come bestie nei lager di Stato. Nel salutarvi, tengo a sottolineare che non riconosco l’autorità che mi tiene qui dentro, in quanto palesemente ingiusta. Una autorità che manda a casa pedofili, violentatori e che lascia in giro assassini riconosciuti e che fa uscire i loro compagni di merenda solo perché amici e soci in affari loschi. Per quanto mi riguarda, io qui dentro posso pure morire, ma allo specchio, guardandomi, vedo sempre il Diabolik che ero, che sono, e che sperò sarò fino alla morte. Ciao ragazzi, avanti Curva Nord”.
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