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Fascetti dopo oltre 30 anni: “La Lazio del -9 era 10 anni avanti a tutti. La gente ancora mi ama”
EUGENIO FASCETTI LAZIO – Eugenio Fascetti, cinque promozioni in carriera dalla B alla A, ha vissuto il mondo Lazio sia da…
EUGENIO FASCETTI LAZIO – Eugenio Fascetti, cinque promozioni in carriera dalla B alla A, ha vissuto il mondo Lazio sia da calciatore che da allenatore, scrivendo pagine importanti della società: si è raccontato in una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’, toccando vari temi, dalla Nazionale al club biancoceleste, passando per le proprie valutazioni su alcuni personaggi del mondo del calcio.
LAZIO – “Mi ha telefonato un tifoso. Vuol venire apposta a Roma solo per stringermi la mano. La gente biancoceleste è incredibile. Sono passati trent’anni dal -9 eppure, ancora oggi, mi regala un affetto enorme, dovunque vada. L’impresa nasce nel ritiro di Gubbio. Dissi alla squadra: ‘Dovremo scalare una montagna. Chi ci sta, resti; chi vuole andare via, lo faccia. E poi del -9 non parleremo più sino a quando saremo salvi. Perché ci salveremo’. Andò così. Grazie anche al prof. Sassi, il preparatore. Eravamo dieci anni avanti agli altri, pochi lo dissero e mi diede fastidio. Come quando, periodicamente, qualcuno si alza e pretende di insegnarci come si gioca a calcio e io penso a Gipo Viani, a Schiaffino, a Di Stefano: dimenticarsi di loro è una bestemmia. Simone Inazaghi sta facendo grandi cose con la Lazio. Io ero così interista che decisi di andare al Pisa per il colore nerazzurro delle maglie. Poi sono diventato sempre più tifoso della Lazio…”.
TATTICA – “Questi appunti sono del ’90, quando allenavo il Toro. Le verticalizzazioni le facevamo anche allora. Nel calcio non si inventa nulla. L’ho detto a Sacchi: è un mio amico, ma non ci sono mica solo la zona, il pressing, il 3-4-3, il 4-3-1-2 e il tiki-taka, troppo noioso. Basta con questo tatticismo espasperato e basta con i giocatori che non sanno neanche saltare un uomo: e quando ne hai uno, come Insigne, contro la Svezia non gioca”.
ITALIA – “Abbiamo vinto 4 Mondiali con la difesa e il contropiede. Dicono che il libero non serva più: ma come giocavano le squadre di Moore, Ulshoff, Beckenbauer, Passarella, Scirea, Franco Baresi, Picchi? E il Grande Torino di Valentino Mazzola , il mio mito?. L’eliminazione dell’Italia, da italiano, la vivo male. Una stangata così l’avevo presa già nel ’58: all’epoca giocavo. La delusione brucia, ora come allora. I ragazzi avrebbero bisogno di maestri come Favini, Ussello, Rabitti, che insegnavano la tecnica, i fondamentali. Il catenaccio della Svezia ha fatto rivoltare Rocco nella tomba”.
TORINO – “Quando allenavo i granata, sono andato al Filadelfia che, nel ’90, non era ancora rinato. Ho infilato il tunnel stretto, dove si passava a uno a uno. Un giorno, un signore ha incrociato Policano: ‘scusi sa, ma con quel pallone che lei ha calciato male, Maroso avrebbe fatto gol’. Io e Policano abbiamo sorriso. Se ci ripenso, mi emoziono ancora adesso”.
CONTE E CASSANO – “Con Cassano on ci vediamo da quando sono andato al suo matrimonio. Mai allenato uno così. Con il pallone fra i piedi, era incontrollabile. E fisicamente forte, tanto forte: per fermarlo, bisognava sparargli. In quella Primavera del Bari c’erano lui, Enynnaya, La Fortezza, Carrozzieri. A Lecce, invece, 14 anni prima c’erano Garzya, Conte, Moriero, Petrachi. Al che, dissi a Mimmo Cataldo: ‘rinuncio all’ingaggio se, in cambio, mi garantisci il 50% del cartellino di ognuno di loro’. Cassano poteva scrivere una grande pagina del calcio italiano: aveva tutto. Un vero peccato. Conte? Semplicemente unico”. E la moglie Mirella: “L’anno scorso Neno (Fascetti, ndr) è andato a fargli visita a Cobham, dove si allena il Chelsea. L’hanno accolto con tutti gli onori. E’ stata una grande emozione”.
VARESE E TURCHETTA – “Nell’estate dell’86 Berlusconi lanciò la campagna contro le crostate. A Varese ci eravamo arrivati sette anni prima. Il mio più grande giocatore del giovedì, il giorno della partitella, è stato Franco Turchetta, che poi ha vinto lo Scudetto con il Verona di Bagnoli. Era un estroso del calcio, aveva un talento pazzesco, ma svaniva la domenica. Evidentemente, il giocatore pativa la tensione della partita vera. Un rebus che non è riuscito a risolvere nemmeno il mio amico Osvaldo (Bagnoli, ndr)”.
ANCELOTTI, GASPERINI, SARRI, DI FRANCESCO – “Quelli del Bayern gliel’hanno tirata, ma Ancelotti rimane tra i migliori. Come Gasperini: la sua Atalanta marca a uomo e l’ha portata in Europa. E come Sarri: se il Napoli vince anche le partite in cui gioca male, non lo ferma più nessuno. Di Francesco era con me a Lucca, è un ragazzo intelligente, sempre desideroso di imparare. Bella la sua Roma“.
RAPPORTO CON LA STAMPA – “Una sera, a Torino, un giornalista sbottò in tv: ‘a Roma la gente dice che Fascetti non capisce nulla di calcio’. Ho telefonato in diretta: ‘Scusa, fammi i nomi di chi sostiene ciò che tu hai detto. Non fare il ruffiano con il tuo direttore perché è presente in studio’. Il giorno dopo, alle 9 del mattino, quel giornalista era sotto casa a chiedermi scusa”.
GLI ALTRI – “Francesco Baldini l’ho avuto nella Lucchese, giocava bene. Stojkovic, l’ex della Stella Rossa di Mihajlovic, Pancev, Prosinecki, Jugovic: un campione. Era con me a Verona, se non fosse stato perseguitato dagli infortuni, sarebbe stato il migliore. Julinho, dopo lo Scudetto con la Fiorentina, la mattina alle 8 veniva a giocare a pallone con me sulla spiaggia del Lido. E Fulvio Bernardini: ha vinto lo Scudetto a Firenze e Bologna, ha insegnato il calcio a tutti”.
FAMIGLIA – “Insieme, abbiamo cambiato casa 32 volte. Tutti e tre i miei figli sono laureati, tutti e tre ci regalano grandi soddisfazioni: siamo fieri di loro. Soprattutto, perché sono persone per bene”.
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