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“Goodbye” mister PETKOVIC: dopo un anno e mezzo il Sergente di ferro che puntava tutto sulla compattezza di gruppo saluta e se ne va…
LAZIONEWS.EU – Il tecnico bosniaco firma per la SVIZZERA e lascia la panchina biancoceleste: ripercorriamo i suoi diciassette mesi alla guida della LAZIO…
LAZIONEWS.EU – Dopo appena un anno e mezzo la LAZIO e Vladimir PETKOVIC si dicono addio. Diciasette mesi vissuti in maniera decisamente intensa, nel corso del quale lo sconosciuto tecnico di Sarajevo è riuscito a scrivere il proprio nome nella storia del club. Sì, perché al di là delle critiche che gli sono piovute addosso negli ultimi mesi, il successo dello scorso 26 maggio è e sarà per sempre un ricordo indelebile: un trofeo del quale si parlerà a lungo e che si tramanderà alle future generazioni biancocelesti. “Io sono e resto Petkovic. Ho intenzione di rimanere a lungo e voglio impormi nel calcio italiano“, erano le sue dichiarazioni nell’imminente postgara: parole sincere di chi sapeva e sperava di poter aprire un ciclo importante qui a Roma. Ma il bosniaco non è mai stato un “venditore di fumo”: pacato e pragmatico, anche sotto l’effetto dei fumi inebrianti che la vittoria della Coppa Italia emanava, ha sempre mantenuto i piedi per terra. “Non è facile costruire una squadra da Champions – continuava in quell’indimenticabile giornata di maggio – visto il mercato delle altre, ma io da tecnico con la mia squadra punterò al massimo”, una promessa che purtroppo non è riuscito a mantenere. Va giustamente sottolineato però come le colpe non siano solamente sue, ma in casi del genere si rischia di entrare in un terreno scivoloso andando ad analizzare le cause dell’insuccesso. La sua storia biancoceleste si chiude quindi con 81 presenze nelle quali sono state raccolte 37 vittorie, 22 pareggi e altrettante sconfitte.
L’ARRIVO TRA LO SCETTISCISMO GENERALE – PETKOVIC approda a Formello in una soleggiata giornata di giugno, il 6 per la precisione, quando si presenta alla stampa come nuovo allenatore della LAZIO. Il compito non è di quelli semplici: sostituire un tecnico come Edy REJA che, nonostante un gioco non certamente spumeggiante, ha sfiorato l’accesso in Champions League per due anni di fila. “Vorrei fare tanti complimenti all’ex mister per quello che ha fatto nei suoi anni alla Lazio – precisa nella sua prima conferenza -, ma io cerco di dimenticare il passato e guardare solo al futuro. Il gruppo è molto importante e a conquistare la fiducia dei giocatori tocca a me”. Proprio in questo suo primo approccio col mondo biancoceleste lasciò ampiamente intendere qual’è il caposaldo della sua filosofia calcistica: “Il gruppo è importante: senza quello nel calcio di oggi non si vince niente”, “Pretendo il 100% e quando lo raggiungo il giorno dopo punto al 110. Per me il gruppo è fondamentale“, e ancora “Io voglio la compatezza del gruppo per aiutarsi nei momenti difficile e per comunicare”. Parole che assumono maggior significato in un momento come questo e, forse, possono anche dare una chiave di lettura alla crisi che stanno vivendo oggi i biancocelesti…
LA RIVOLUZIONE TATTICA – Dopo un precampionato non esaltante, PETKOVIC riesce a trovare la quadratura del cerchio giusto in tempo per l’inizio della nuova stagione: dopo un sincero colloquio con la squadra viene varato un nuovo modulo, il 4-1-4-1, che permetterà alla LAZIO di spiccare letteralmente il volo. Il girone di andata è pressoché perfetto: al giro di boa i ragazzi di PETKOVIC occupano la seconda posizione a cinque punti dalla capolista Juventus. Ottimo anche il rendimento in Europa dove il pass per i sedicesimi viene ottenuto da prima della classe del girone J, precedendo il TOTTENHAM di Villas Boas.
I PRIMI SEGNALI DI CRISI – Il 2013 vedrà la LAZIO viaggiare a due velocità: spedita in campo internazionale, ad intermittenza in campionato, dove si iniziano a palesare delle difficoltà in trasferta. Complici alcune assenze importanti e il progressivo aumentare degli impegni (a gennaio scattò anche la Coppa Italia), la coperta biancoceleste si rivelò essere troppo corta e pian piano la squadra iniziò a mollare sul piano dell’intensità e dell’aggressività, soprattutto in campionato.
L’APOTEOSI E LE SPERANZE DI INIZIO STAGIONE – La stagione prende una svolta positiva grazie alle coppe. Se in Europa League la LAZIO viene eliminata ai quarti dal FENERBAHCE, in Coppa Italia la truppa di PETKOVIC approda in finale dopo un palpitante doppio confronto con la JUVENTUS deciso sul filo di lana da FLOCCARI. Un successo che fu il preludio, nell’atto conclusivo, alla memorabile vittoria nel derby contro la ROMA. Questo trofeo cancellò in un solo colpo tutte le difficoltà e le crepe che si erano manifestate fin lì in campionato. La stagione 2013/14 si apre all’insegna dell’ottimismo: sulla scorta di quella storica vittoria, si cerca ringiovanire la rosa e ci si affida ancora ai vecchi senatori. Ma qualcosa ormai è cambiato all’interno dello spogliatoio biancoceleste, la riprova si ha in coincidenza con il primo impegno ufficiale: sonora sconfitta per 4-0 contro la JUVENTUS, che alza al cielo la Supercoppa dove qualche mese prima avevano festeggiato proprio i biancocelesti.
IL TRACOLLO E LA FINE – Basta una parola per definire l’annata corrente della LAZIO: discontinuità. La squadra non riesce a trovare continuità di risultati, perde il derby con la ROMA alla quarta giornata nonché gli scontri diretti contro le big e continua a non trovare la vittoria lontano dall’Olimpico. Anche in Europa le prestazioni non sono esaltanti e la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta arriva da secondi qualificati, in un girone decisamente non irreprensibile. La diretta conseguenza è la perdita di fiducia nei propri mezzi da parte dei giocatori, che appaiono delle copie sbiadiate rispetto a quelle ammirate dodici mesi fa, MARCHETTI e LULIC su tutti. Delle colpe vanno sicuramente ascritte anche allo stesso PETKOVIC, incapace di conferire alla squadra una precisa identità tattica necessaria per attuare il suo calcio, ma senza la completa adesione da parte dei giocatori l’impresa diventa ardua per tutti. Per chi fa della compattezza del gruppo una condizione imprescindibile per raggiungere la gloria, tale epilogo non poteva essere che scontato…
Daniele Gargiulo
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