APPROFONDIMENTI
Il mondo del calcio e il Coronavirus: rifiuti ed obblighi nella matrioska del potere stratificato
CORONAVIRUS CALCIO – Già vi abbiamo raccontato di come l’istituzione calcistica europea per antonomasia, l’UEFA, si sia resa protagonista di una gestione quantomeno discutubile dell’emergenza Coronavirus. Adottando solo con molto ritardo quei provvedimenti – sospensione di Champions ed Europa League, ndr – che certamente avrebbe dovuto imporre prima. Se non altro per smontare il luogo comune- ahinoi mai così vero come in questi tempi – che il dio denaro sia più importante della salute. Registrata la grande occasione persa, molti hanno pensato che il mondo del calcio avesse finalmente compreso in toto la gravità della situazione. Affatto. Perfino Ceferin e compagni hanno fatto meglio di talune Federazioni calcistiche. Le quali si ostinano a non bloccare il campionato, o ad ordinare semplicemente le porte chiuse, oppure addirittura, e qui parliamo di singoli club, a convocare i propri giocatori per gli allenamenti. In vista di incontri che non si sa nemmeno se e quando avranno luogo. Il già citato lato oscuro della forza, quello esercitato da una Federazione contro un club o da quest’ultimo nei confronti di un gruppo di atleti sottoposti, è duro a morire. Abbiamo riscoperto le amare sorprese di una matrioska che, scoperchiata al vertice, può contenere una figlia tale e quale. Ed altre figlie identiche a questa. Incapaci di staccarsi dalla logica del potere stratificato perchè sostanzialmente identiche, geneticamente, alla madre.
Stop al calcio giocato? Si ma gli allenamenti…
Come dichiarato dall’OMS, il Coronavirus è ormai una pandemia a livello mondiale. Almeno gli ateleti, di diverso ordine, grado ed importanza, lo hanno compreso appieno. Fioccano, sui propri profili, video, status, tweet e storie sulla necessità di stare a casa e pensare alla salute. Da Messi a Ronaldo passando per Lorenzo De Silvestris, è unanime l’appello della stragrande maggioranza dei calciatori. Anche parecchie società illustri, Real Madrid, Inter ed Everton su tutte, si sono esposte direttamente proclamando l’autoisolamento dei propri calciatori. Altre sembrano invece vivere su Marte, citando direttamente l’AIC. La suddetta associazione proprio oggi ha infatti emesso un duro comunicato, denunciando come alcune società italiane continuino a convocare regolarmente i propro tesserati. Contravvenendo palesemente al DPCM emesso dal Governo. “Devono spiegare quale sia l’interesse nazionale di tenere in forma atleti ed atlete che nella migliore delle ipotesi non riprenderanno l’attività prima di metà aprile! Questo significa che stanno vivendo su un altro pianeta”, si legge nella nota ufficiale. Certamente il tutto risulta ben poco edificante per il movimento calcistico italiano.
Il Coronavirus non ferma il calcio in Turchia ed Argentina: il curioso caso della National League inglese
Le cronache delle ultime ore hanno registrato tre episodi che ben esemplificano la logica dell’interesse economico a scapito della salute. O se preferite del buon senso. In Turchia Trabzonspor e Istanbul Basaksehir sono appaiate in vetta a quota 52. In Turchia si gioca, ed ancora a porte aperte, nonostante ci siano stati casi di Covid-19 tra la popolazione. L’incontro è previsto per domani, ma John Obi Mikel, ex centrocampista del Chelsea, non vuole giocare. Ecco il suo status Instragram accompagnato dalla relativa didascalia.
“Nella vita c’è altro oltre al calcio. Non mi sento sereno e non voglio giocare a pallone in una situazione simile. In un momento così complicato, tutti dovrebbero essere a casa con le proprie famiglie e le persone che amano. La stagione dovrebbe essere totalmente cancellata, visto che tutto il mondo vive tempi così turbolenti”. Il nigeriano, in forza al Trabzonspor, ha avuto l’appoggio del compagno, Falcao. Ecco le parole del Tigre ex colchonero: “Hai ragione John. La vita è più importante del calcio”. Si attende un comunicato del Trabzonspor, che per ora non sembra intenzionato a ritirare la squadra. Cosa invece che ha clamorosamente fatto il River Plate. In una battaglia che stavolta non vede un singolo giocatore contro una Federazione, ma un intero club, e che franchigia, contro l’istituzione.
Il caso River Plate
In barba alle decisioni assunte dal Conmebol, la UEFA del Sudamerica, che ha sospeso la Libertadores e rinviato la Copa America, in Argentina si gioca ancora. Terminato il campionato, è tempo di Copa de la Superliga: il menù dice River Plate–Atletico Tucumàn. Ma il club de Los Millionarios, dopo un sospetto caso di positività al Covid-19 tra le sue fila, annuncia che non scenderà in campo. Ecco il comunicato: “Seguendo i suggerimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e attento alle diverse soluzioni del governo nazionale e della città di Buenos Aires in relazione alla pandemia del Coronavirus (COVID-19), il River Plate dichiara che il club rimarrà totalmente fermo da sabato 14 marzo fino a tempo indeterminato. Con questa misura, il club cerca di salvaguardare la salute dei suoi membri, dei dipendenti e di migliaia di persone che assistono quotidianamente alle diverse attività svolte presso le nostre strutture”. Il River ha fatto seguire i fatti alle parole: è di pochi istanti fa la notizia che il club non ha nemmeno aperto lo stadio, il suo impianto, in cui avrebbe dovuto svolgersi il match. Lasciando fuori dunque anche l’arbitro e gli avversari. L’AFA (la FIGC Argentina) è furiosa. E ha risposto con questo comunicato: “Le autorità ci hanno informato che si possono giocare partite di calcio, prevenendo di farlo senza un pubblico, al fine di evitare la possibile diffusione del virus COVID-19. Seguendo le regole indicate dal buon senso, la Super League si attiene e adotta le istruzioni delle autorità nazionali, che sono quelle che definiscono il comportamento collettivo da adottare in questi casi. L’atteggiamento adottato unilateralmente da un club membro della Super League sarà soggetto a sanzioni”.
La National League inglese: in campo e a porte aperte (FOTO)
Gli inglesi, si sa, devono sempre distinguersi in qualche modo. Nell’immaginario della persona comune, la guida a destra può anche rappresentare una diversità accettabile. Che non nuoce ad alcuno. Ma quello che è accaduto oggi pomeriggio nella National League, la lega calcistica semiprofessionistica inglese, la prima al di sotto della piramide che ha il suo vertice nella Premier League, ha dell’incredibile. Nonostante le serie maggiori si siano fermate, in National League si gioca. Come se il Coronavirus facesse distinzioni di prestigio nel suo contagio. Lo spettacolo, documentato nella foto, è quantomeno grottesco.
La speranze Leganés e Duisburg
In questa per certi versi surreale carrellata sull’esercizio del potere, ci piace concludere con due episodi che rappresentano un modo, a nostro avviso corretto, di affrontare la piaga del Coronavirus con ironia e sportività. Parliamo del Leganés, club di prima divisione spagnola, e del Duisburg, Serie C tedesca. I due club hanno messo in atto una singolare iniziativa: simulare su Twitter, con una partita inventata con tanto di cronaca scritta, il rispettivo incontro che avrebbero dovuto disputare. E che non hanno potuto giocare a causa dell’emergenza sanitaria. Ecco gli status delle due squadre. Che hanno poi ricevuto, sempre via social, i complimenti delle loro avversarie, il Valladolid ed il Monaco 1860.
Alessio Cherubini
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