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Inzaghi si racconta: “Da giocatore ad allenatore, lo spogliatoio mi ha dato tanto”
NOTIZIE LAZIO – Poi aggiunge: “Senza la mia famiglia non sarei qui”…
NOTIZIE LAZIO – Simone Inzaghi, attuale tecnico della Lazio, si è confessato ai microfoni di Lazio Style Channel in un’intervista rimandata sulle frequenze di Lazio Style Radio 89.3.
Cosa si prova ad allenare la prima squadra?
“Adesso ci sono tante responsabilità in più allenando la prima squadra, ma non cambierà l’atteggiamento. Questo spogliatoio era il mio fino a poco tempo fa, e mi ha permesso di allenare la Lazio dei grandi. Ovviamente senza il mio staff non sarei potuto arrivare da nessuna parte”.
Quando hai pensato di fare il tecnico come mestiere?
“Gli ultimi anni che giocavo ho iniziato a pensare di fare l’allenatore, sapevo che fisicamente non ero più al 100% e insieme al presidente Lotito e Tare abbiamo deciso di prendere questa decisione”.
Nel settore giovanile hai ottenuto molte soddisfazioni…
“Ho avuto la fortuna di riuscire a vincere e di togliermi tante soddisfazioni con i ragazzi del settore giovanile. Il primo pensiero dopo la chiamata in prima squadra è andato ai ragazzi della Primavera perché mi hanno dato la possibilità in questi anni di avere questa opportunità. Li abbiamo fatti crescere, ma non solo. Abbiamo ottenuto anche vittorie importanti per la società, per il mio percorso e per quello dei ragazzi. L’unica macchia è quello scudetto mancato, avremmo potuto fare il triplete, in una stagione in cui abbiamo organizzato una squadra costruita all’ultimo momento”.
Cosa ti è mancato di più quando hai smesso di giocare?
“Mi è mancato tanto lo spogliatoio quando ho smesso di giocare perché ero una persona aperta che faceva gruppo. Ora però tra di noi dello staff tecnico è come se facessimo spogliatoio”.
Alcuni calciatori ti chiamano colloquialmente ‘Simone’, ti dà fastidio?
“Non è problema, con Mauri e Radu ho giocato: ho chiesto solo rispetto essendo un gruppo di 25 giocatori tutti di ottima caratura, visto che poi vanno fatte delle scelte per le partite da disputare. Mi arrabbio quando non c’è la puntualità durante gli allenamenti, bisogna avere rispetto soprattutto nei confronti di altri”.
Quanto conta la tua famiglia nella tua vita?
“Senza la mia famiglia probabilmente non sarei qui. Mio fratello, la mia compagna Gaia e i miei figli, mi hanno aiutato soprattutto quando giocavo. Con Filippo c’è un rapporto da fratello maggiore a fratello minore, quando non c’era mio papà le responsabilità le prendeva lui. Anche ora ha un po’ di potere decisionale, ma credo sia giusto così”.
A quale allenatore ti ispiri?
“Il primo è Materazzi, grazie a lui ho fatto il calciatore e chissà se non ci fosse stato dove sarei finito. Ho meritato poi il mio successo sul campo, ma senza qualcuno che ti lancia è difficile andare avanti. Ho cercato di prendere spunto un po’ da tutti: Mancini, Eriksson e Simeone. Prendo spunto da tutti, poi ci metto sempre del mio. Dopo sei anni di settore giovanile e 25 vissuti nel mondo del calcio un po’ di esperienza si acquisisce. Poi è normale che si possa sempre crescere e migliorare ogni giorno, soprattutto noi che siamo giovani”.
Ricordi la Coppa Italia vinta nel 2000?
“Era una Lazio ricca di campioni che ragionava molto in campo: ricordo quella vittoria di Coppa Italia dell’anno dello Scudetto, abbiamo giocato senza allenarci visto che c’erano tre giorni di festa, abbiamo tenuto il risultato sullo 0-0 nella sfida di ritorno. Nel finale Recoba colpì il palo”.
A volte segui l’allenamento da lontano, è un rito che fai spesso?
“Non è un rito che seguo, a volte sto con la squadra, a volte guardo tutto da lontano”.
Inzaghi fa ascoltare la musica ai suoi giocatori, può essere utile?
“Penso di sì, non sono quel tipo di allenatore che ritiene che nessuno prima di due ore della partita non debba dire nulla. Bisogna sorridere e se ascoltare musica aiuta, ben venga”.
Il tuo rapporto con Farris è molto intenso, come lo descriveresti?
“Con Farris c’è affiatamento, anche con il Ripert. Qui abbiamo trovato persone preparatissime, come detto in precedenza un allenatore senza staff non può andare molto lontano”.
Un tuo ricordo sul primo allenamento e la prima sfida sulla panchina della prima squadra?
“Mi è rimasta la grande gioia per una grandissima vittoria a Palermo”.
E’ meglio un poker al Marsiglia o un filotto di vittorie in panchina?
“Quando ero un giocatore un poker, ora meglio un filotto di partite in panchina”.
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