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L’euforia e i successi, le batoste ed un lungo addio: il capolinea di Pioli
La sconfitta nel derby costa la panchina al tecnico emiliano: gli errori di un addio annunciato…
LAZIONEWS.EU – El Sharaawy, Dzeko, Florenzi, Perotti. Il poker della Roma costa ufficialmente la panchina a Stefano Pioli, ormai ex allenatore della Lazio. La società ha deciso di esonerarlo un paio d’ore dopo il fischio finale di una delle stracittadine più complicate degli ultimi anni. I biancocelesti non vincono un derby dal famoso 26 maggio 2013, ma quella di oggi è stata una sconfitta sonora, sopratutto diversa. Una squadra spenta, che ha avuto un moto d’orgoglio solo sul 2-0, in una partita che è stata lo specchio di una stagione nata storta.
Perché di certo il motivo dell’esonero di Pioli non è ascrivibile solamente alla batosta incassata contro la Roma. Ritiri, panchina in bilico a ripetizione e brutte sconfitte: questo il monotono trend della stagione laziale. Iniziata, presto, con una sconfitta, ma ancor prima tra le polemiche. Come quelle che si sono sollevate all’interno dello spogliatoio per la decisione di affidare la fascia di capitano a Lucas Biglia, anziché a Candreva, che bramava di caricarsi il gruppo sulle spalle. La scorsa estate poi, la Lazio ha trattenuto a fatica i suoi prezzi pregiati, sperando di poter ripetere la cavalcata trionfale dello scorso anno, che ha portato i capitolini al terzo posto. 661 giorni dopo l’avventura biancoceleste di Pioli è terminata: una stagione costellata da tanti errori, una parabola che tocca il fondo dopo aver raggiunto forse il punto più alto della gestione Lotito.
50mila tifosi all’Olimpico a cantare i Giardini di marzo di Battisti: forse è questa l’immagine più bella dell’era Pioli, in grado di far volare la Lazio, ma soprattutto di riportare la gente all’Olimpico. Un patrimonio dilapidato in fretta, svanito nel giro di pochi mesi. “Mi prendo le mie responsabilità”, le parole di Pioli dopo il derby. Responsabilità che sicuramente il tecnico ha in questa stagione. Archiviata la questione ritiro, gestito forse in maniera superficiale e costato poi una marea di infortuni, ‘superata’ la querelle fascia, la Lazio non si è mai ritrovata: trame di gioco difficilmente efficaci, una fase difensiva da dimenticare ma soprattutto l’incapacità di trovare le giuste contromosse, sono questi gli errori principali del tecnico . Può la sola assenza di de Vrij aver influito così tanto sull’intera annata? Difficile dare una risposta, ma la squadra, se si esclude qualche sporadico exploit, non è riuscita ad imporsi anche contro avversari mediocri. “Non giochiamo da squadra”, hanno lamentato a più riprese i calciatori, e in più di un’occasione non ci sarebbe stato nemmeno bisogno della conferma.
Un gruppo gestito non al massimo, sempre tra mille difficoltà. Salta dunque la panchina della Lazio, spazio all’esordiente Simone Inzaghi. In quasi 12 anni di gestione Lotito, il tecnico emiliano è il terzo allenatore ad essere allontanato. Prima il calvario Ballardini, cacciato soltanto nel momento in cui l’incubo Serie B stava per diventare realtà. Poi il caso Petkovic, che per certi aspetti ricorda proprio l’esperienza di Pioli. Lo scetticismo iniziale, le vittorie, il lungo addio: si chiude ufficialmente un ciclo iniziato solo a giugno 2014. Falliti tutti gli obiettivi stagionali, paga Pioli, il tecnico si sa è sempre il primo a finire sul banco degli imputati. In estate sarà rifondazione, qualche pezzo pregiato lascerà certamente e ci sarà bisogno di ricostruire una squadra sulle rovine della stagione ancora in corso, ma in pratica già terminata…
Gian Marco Torre
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