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LOTITO a ruota libera: “Vi racconto la mia fede laziale, gioie e dolori della mia presidenza. Lo stadio? Ecco come lo intendo…”

Claudio LOTITO, un fiume che torna ad essere in piena…

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RASSEGNA STAMPA SS LAZIO- Claudio LOTITO, un fiume che torna ad essere in piena, sta accadendo molto spesso negli ultimi tempi. Il patron biancoceleste parla a ruota libera e stavolta lo fa sulle colonne del ‘Guerin Sportivo’, dove ripercorre gioie e dolori della sua vita da presidente della Lazio. Ecco i passaggi più significativi dell’intervista:

“Il momento più brutto è quando vedi che la gente non ha fiducia in te, anche se lavori h 24 per cercare di fare il bene di questa società e l’interesse dei tifosi, mentre il momento più bello sarà quando avrò avuto la possibilità di entrare nel cuore dei miei tifosi”.

Dieci anni di gioie e dolori, di contestazioni e vittorie.

“Bene o male abbiamo vinto due Coppa Italia e una Supercoppa contro Mourinho. A livello giovanile abbiamo uno Scudetto, oltre alla Coppa Italia Primavera dopo 35 anni. Potrei dire che la Lazio è la squadra che ha vinto negli ultimi cinque anni più del Napoli, della Fiorentina e di tante altre. Ricordo che mi si contestavano i mancati investimenti sul settore giovanile, che invece oggi ha il ranking più alto d’Italia. Ho capito che questo a Roma vuol dire poco. Le accuse contro di me non sono altro che processi di mistificazione volti a destabilizzare la mia azione, che punta a togliere i mercanti dal tempio”.

Le imputano un “difetto”, una sua presunta pregressa fede romanista, confermata anche da Storace, e dall’avv. Mauro Baldissoni che disse:” E’ romanista, lo sanno tutti”.

“Scusi, chi è Baldissoni?”

Il Direttore Generale della AS Roma.

“Ah quindi io sarei romanista. Comunque guardi, Baldissoni non ho mai avuto il piacere di conoscerlo prima di incontrarlo in Lega Calcio [ah, quindi sa chi è, NdR]. Per quanto concerne la mia lazialità, non deve assolutamente essere certificata. Sono sempre stato laziale , avevo l’abbonamento della Lazio. La mia lazialità nasce a cinque anni, trasmessami dal fidanzato della mia tata, e da allora – era il 1961 – sono sempre stato laziale. Questo lo possono testimoniare i miei compagni di scuola, e persino l’ex presidente del CONI, Petrucci”.

Dov’era il 12 maggio 1974, il giorno del primo Scudetto della SS Lazio?

“Ero allo stadio, mi pare in Tribuna Tevere. Di quel tempo ho persino un autografo di Chinaglia su un foglietto a quadretti che mi fece quando venne a trovarci a scuola con la sua Lancia HF”.

Lei è anche accusato dai tifosi di aver “delazializzato” la SS Lazio. Non potrebbe essere utile portare alla Lazio un uomo immagine, tipo Nesta o Rocchi. Le faccio l’esempio di Alfredo Di Stefano al Real Madrid.

“La mia filosofia è quella di non trasformare la lazialità, uno stile di vita, in un sistema di autosostentamento. Non mi risulta però che Nesta abbia mai avuto la volontà di tornare. [Il giocatore dichiara il contrario, NdR]. E poi guardi, non tutte le persone hanno le qualità caratteriali per ricoprire alcuni ruoli. Noi abbiamo un team manager, Maurizio Manzini, che è con noi da 40 anni. Un tempo che gli permette di incarnare la storia della Lazio più di tutti. Ma se un ex giocatore ha le qualità adatte, allora noi le utilizziamo, perché quel giocatore rappresenta la storia”.

Quanto Le è costato salvare la Lazio, e che situazione ha trovato?

“Guardi, quando sono entrato nella Lazio la società aveva 84 milioni di ricavi, 86,5 milioni di perdite, 550 milioni di debiti. Personalmente ho investito 75 milioni”.

Siamo d’accordo di essere in disaccordo. Lei attacca sempre Cragnotti, il presidente più vincente di sempre, ma sorvola sugli anni di gestione guidata dalla Banca di Roma.

Cragnotti ha portato la Lazio in Borsa e fatto due aumenti di capitale. Spariti. Poi altri 110 milioni sono arrivati dagli investitori-tifosi sotto la gestione di Luca Baraldi, durata circa un anno, e subito bruciati. Quando sono arrivato io, la Lazio era tecnicamente in stato di fallimento. Mi dovrebbero quindi [Cragnotti e Baraldi] spiegare tutti questi soldi che fine hanno fatto. Cragnotti ha lasciato 500 milioni di debiti. Il piano Baraldi invece, non era altro che il pagamento dilazionato dei debiti maturati da Cragnotti, una presa in giro. E Baraldi ha anche perso la causa intentata contro la Lazio. Inoltre, al mio arrivo la Lazio non aveva nulla. Oggi ha una catena di negozi, una tv, una radio e la sua rivista [in realtà le iniziative di comunicazione sono appaltate ad una società esterna, NdR], un palazzo al centro di Roma [già ipotecato dal Credito Sportivo, NdR], le quote della Bombril [società brasiliana nel settore dei casalinghi, in passato controllata da Cragnotti, NdR] che ho ricomprato io. Ma non voglio parlare delle gestioni precedenti, non mi interessa. [e meno male, NdR]

Deve riconoscere che la tifoseria ha avuto un ruolo importante in quel momento. Lo stesso Berlusconi dichiarò in TV da Bruno Vespa che la decisione era arrivata per motivi di ordine pubblico.

“Riconosco un sostegno da parte della tifoseria, passionale e autentico, visto ciò che il salvataggio significava. Il tifoso laziale si mobilita sempre quando c’è qualcosa di irreparabile. Quando accadono le cose positive sparisce. Le faccio l’esempio della vittoria in Coppa Italia contro la AS Roma che rimarrà nella storia, c’è stato il crollo degli abbonamenti e si è incassato meno di merchandising.”

In realtà è da anni che le cose vanno peggiorando. Come pensa di uscire da questa situazione di conflitto con la tifoseria?

“Io ho fatto un processo di risanamento, e adesso sto facendo un processo di rilancio.  Io sono il proprietario della SS Lazio, ma sono anche il custode dei valori che rappresenta la Lazio, che devono essere salvaguardati, preservati e tramandati, e quindi ho il dovere e il piacere di rendere felice la gente. In questo momento ciò non accade, e me ne dolgo. Spero che con il lavoro alla fine si giunga ad avere riconoscenza.”

Lei parla di aumentare i ricavi delle società di calcio e fa riferimento agli stadi. Ma dimentica, ad esempio, che la Lazio da sei anni è senza sponsor sulla maglie.

“Non vogliamo svendere, e peraltro abbiamo occupato la maglia spesso con iniziative benefiche e campagne sociali. Lo sponsor manca perché non siamo riusciti a trovarne uno che coniugasse due elementi: quello economico, compatibile col valore effettivo del marchio, e quello di poter creare un partnership positiva in termini di messaggio.”

Lei è quello dei 9 giocatori in un giorno, al suo arrivo nel 2004

“Nessuno ci era mai riuscito. Ci sono riuscito io. Poi c’è chi ha detto ‘ha preso tutte pippe’, ma non si ricorda che tra quelli c’era gente come Tommaso Rocchi – che presi dall’Empoli e che poi ha segnato 100 gol -, Sebastiano Siviglia, e il nazionale croato Anthony Šerić [convocato per tre Mondiali, NdR].”

C’è una possibilità, anche remota, che la SS Lazio possa tornare “a casa”, allo stadio Flaminio?

Non esiste. Le faccio io la domanda. Secondo Lei uno stadio, dove dovrebbe stare? Al centro o in periferia?

Al centro della città. Persino gli americani si sono resi conti che il futuro degli stadi può essere solo downtown.

“Lei non ha cognizione di cosa significa uno stadio. I problemi di costruire in città sono tre: viabilità, parcheggi, sicurezza. La mia visione è quello di uno stadio modello Disneyland, solo che invece di trovare Topolino & co. quando gira, il tifoso trova i giocatori, l’allenatore. È la visione di un calcio romantico coniugato con l’aspetto dei ricavi”.

In dieci anni ha avuto al suo servizio molti grandi calciatori: dai campioni del mondo Peruzzi e Oddo, fino a Hernanes, Klose e Candreva. Chi Le ha dato le maggiori soddisfazioni, e chi delusioni?

“Le maggiori soddisfazioni sono arrivate dai giovani. Ad esempio Kolarov, giocatore pagato 700mila euro e venduto a 21 mioni al Manchester City. La dimostrazione che forse qualche piccola capacità tecnica ce l’abbiamo. Per quanto riguarda le delusioni, del senno del poi sono piene le fosse. Certo, i comportamenti di alcuni sono stati sotto gli occhi di tutti”.

Ha voluto sulla panchina della Lazio allenatori molto diversi tra loro

“Ogni allenatore avuto in questi dieci anni è stato funzionale al momento. Il primo Mimmo Caso, fu ingaggiato in emergenza. La squadra era in difficoltà, e lui fu esonerato, anche perché in quel momento c’era una persona [Paolo Di Canio, NdR] che creava qualche problema nello spogliatoio. Delio Rossi ha vinto la Coppa Italia, ed è stato qui quattro anni, durante cui ci siamo anche qualificati per la Champions League.  Ballardini ha vinto la Supercoppa, dopo però ci stava mandando in Serie B…”

Ma cosa le manca per fare una galoppata modello Atletico Madrid. Del resto i fatturati non sono così lontani.

“Questo dimostra che voi non conoscete i problemi. Innanzitutto l’Atletico Madrid ha 180 milioni di ricavi, ma 200 milioni di debiti. L’unico indebitamento della Lazio sono invece i 60 milioni circa rimanenti da pagare al fisco. Inoltre, i giocatori dell’Atletico sono di proprietà di fondi, mentre i giocatori della Lazio sono della Lazio, che non ha giocatori in prestito”.

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