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LOTITO: “Chiusura degli stadi? Non è razzismo, ma malcostume diffuso. Non ha senso ritenere le società responsabili”
Il patron della LAZIO aggiunge: “Assurdo pensare che quei 30 che attuano questi comportamenti vengano valutati come la rappresentanza di tutta la tifoseria”…
NOTIZIE SS LAZIO – Il Presidente della LAZIO Claudio LOTITO è intervenuto a “Uno Mattina” per parlare del razzismo negli stadi e delle punizioni previste per i cori contro gli avversari. Queste le sue parole
LOTITO A LAZIO STYLE RADIO 100.7
Che strada si può percorrere per il razzismo?
“Stiamo troppo enfatizzando problemi che ci sono già stati in passato e che oggi sono stati portati in modo forte all’attenzione dei media. Nel 90% dei casi non sono davvero atti razzisti perché è malcostume non hanno le connotazioni di razzismo. Io il 5 agosto, quando si parlava di questa norma UEFA, ho sollevato il problema di valutare la portata di questi fenomeni e perché si rischiava di diventare ostaggi e prigionieri di un manipoli di persone sparute mettono in difficoltà le Società. Sono poche persone che proferiscono parole sbagliate, ma tutto il resto dello stadio non può subire, sono incolpevoli, sono lì solo per vedere una partita e sostenere la propria squadre. La stessa cosa vale per le società, soprattutto quelle come la LAZIO che ha represso certi fenomeni insieme alle Istituzioni. Noi abbiamo promosso molte iniziative che promuoviamo nelle scuole per affermare la cultura del valori dello sport e dell’educazione che sono anche di carattere sociale, razziale e culturale. Sono azioni messe in campo che vengono vanificate come nel caso del Legia, partita per la quale ci hanno chiuso lo stadio perché pochi e hanno proferito parole come “puzzi di “cioccolato” in risposta alle provocazioni dure dei tifosi polacchi che ripetevano LAZIO “cioccolata”. Non è razzismo questo, ma un risposta poca educata. Razzismo vuol dire offende la dignità umana. Qui si parla di tifosi, ha una connotazione non etniche, ma solo di appartenenza a quel tifo. Deve far riflettere questa cosa perché con la portata di questa norma si rischia di chiudere tutti gli stadi e creare danni alle società notevoli che arriva all’esclusione dalle competizioni. Si dà peso e forza a una banda di manipoli, che diventano il braccio armato per fare vita ad azioni che sono risultati di opere diverse”.
Che fare?
“Bisogna fare in modo che le società, che attuano certi comportamenti di prevenzione, non devono e non possono essere punite laddove si tratta di una sparuta minoranza. Non si può penalizzare tutta la tifoseria per 30 persone su 40mila. È un’assurdità credere che quelle poche persone rappresentino tutto il tifo. C’è una distinzione da fare tra i delinquenti tifosi e i tifosi delinquenti. I delinquenti tifosi vanno repressi in modo fermo dallo Stato con le leggi. Per quello che riguarda la connotazione di questi casi, che sono ragazzi hanno 14-18 anni, bisogna agire in fase preventiva inculcano certi valori. Loro non sanno nemmeno che stanno dicendo e facendo. Non vanno a vedere la gara ma solo per far parte del branco e acquisire un’identità che nella vita quotidiana non hanno. Non è come 20 anni fa che i valori si creavano in casa, a scuola, negli oratori che li aprivano a un confronto a un rispetto delle regole, facendoli crescere anche moralmente. Poi intorno ai 16 anni c’era la fase politica che insegnava anch’essa il rispetto delle regole e delle gerarchie Oggi non c’è più tutto questo, mancano questa palestre formativa e preventive degli organismi che hanno fatto crescere noi e non possono acquisire certi comportamenti. Hanno una grande fragilità psicologica perché basano tutto sull’aspetto fenomenico e non noumenico, sul fare non sulla sostanza e identificano la loro esistenza attraverso comportamenti tipici del branco, di rottura del sistema. Si va allo stadio solo per sfogare le proprie gesta e dove possono dimostrare di far parte di un clan che esiste e che vuole dimostrare la propria forza. Dobbiamo non amplificare con i media questi comportamenti, creare strutture come gli stadi privati utili a prevenire per tenere sotto controllo le persone che vanno allo stadio. È facile reprimere gli striscioni o i simboli politici. Si tratta di comportamenti di maleducazione che sfociano in gesti delinquenziali, ma non sanno quello che fanno. C’è bisogno di interpretare le regole,non si tratta di comportamenti razzisti ed è giusto salvaguardare chi va a guardare la partita e si comporta bene”.
L’UEFA è al corrente che il calcio è cambiato e che anche una semplice multa può costituire nocumento nei confronti di una società calcistica? Si rende conti dei sacrifici che i presidenti come lei fanno per mantenere il messaggio calcistico a Roma?
“La Uefa sancisce i principi ma devono essere calate nelle singole realtà. Noi, in Italia, abbiamo un problema culturale ben noto, lo sappiamo, cosa che non avviene in altre Paesi. Ci vuole tempo per far capire alla gente che questi comportamenti non hanno connotazioni razziste. Noi l’abbiamo subito il razzismo in passato, come popolo emigrante, e sappiamo cosa vuol dire essere discriminati e ghettizzati: ecco perché non credo che alberghi nella testa degli italiani il concetto di razzismo. Il problema è che i giovani non hanno più l’educazione, né la capacità di affermare i comportamenti nei quali credono che dovrebbero essere stati assimilati dall’educazione data dalle strutture che elencavo prima come la famiglia e la scuola. È venuto meno anche il senso civico e nemmeno sanno il ruolo che svolgono le istituzioni. C’è stato un profondo decadimento morale e culturale di questo Paese che sfocia in questi comportamenti che non hanno connotazioni razziali ma solo di mal costume, comportamenti e frasi che si sentono ogni giorno anche nel traffico. Le frasi dei tifosi laziali nei confronti dei polacchi nascono come risposta dopo che loro hanno messo a ferro e fuoco la città. Ma aanzionare uno stadio intero non è una risposta adeguata, è sproporzionata nella misura. Queste cose non sono state messe in evidenza dall’Uefa o dalle forze dell’ordine ma dal FARE, non per togliere importanza al loro lavoro. Mi sembra anomalo. Non ha senso far pagare responsabilità alle società e ai tifosi che hanno sottoscritto un abbonamento e che si sono sempre comportati bene. Al massimo sanzionare solo il settore dello Stadio che si è comportato male. Non ha senso nemmeno accusare le Società. È da qui che nasce il problema della portata del fenomeno e dell’attribuzione del giusto peso. Si rischia di far succedere una tempesta in un bicchiere d’acqua e diventa un problema difficile da recupera”.
LOTITO A UNO MATTINA
Sulla sua intervista a La Repubblica
Non possiamo controllare tutti i tifosi. Se uno avesse lo stadio può fare una selezione di chi far entrare allo Stadio perché le persone son note e possono essere vigilate. Gli stadi di oggi non ci permettono di fare questo
Sulla norma relativa alla chiusura degli stadi avanzata da Platini
C’è una norma Uefa che si attaglia alle mentalità di alcuni paesi. Siamo tutti contro il razzismo, il problema è capire la portata di questo comportamento. Io ho avanzato alcune proposte e aiuti nelle riunioni svolte prima di attuare questa legge. Ho sottolineato il target di queste persone: persone che vanno dai 14 ai 18-20 anni al massimo. Sono persone che vanno allo stadio indipendentemente dallo spettacolo sportivo, vanno lì solo per potersi realizzare in gruppo. Queste persone non hanno più una formazione che deriva dai valori familiari e della scuola o degli oratori o anche dei partiti che permettevano l’acquisizione di una mentalità forgiata nel rispetto delle regole. Oggi questo non accade più. Hanno una fragilità interiore psicologica e si identificano nel concetto del branco che ha delle azioni in rottura del sistema. Queste persone non conoscono neanche la portata di quello che fanno. Bisogna misurare questa portata attraverso una serie di applicazioni attenuanti in funzione di quello che hanno fatto le società altrimenti anche le società che mettono in campo una serie di azioni per prevenire il fenomeno vengono punite.
A CURA DI Carmine Errico
TWITTER:@carmineerrico
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