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Malessere Lazio. Reja e quel tarlo chiamato dimissioni
Per ora non molla, ma la delusione per i fischi è forte E ai giocatori dice: «Sapete che la stagione è iniziata?»
Malessere Lazio. Reja e quel tarlo chiamato dimissioni
«In tre partite abbiamo subito sei reti, nel campionato scorso gli stessi gol li abbiamo incassati forse in 15 match, non ricordo neppure…». In queste parole c’è tutto Edy Reja. C’è un tecnico che non riconosce ancora la sua Lazio e suona la sveglia ai suoi giocatori: «Non siamo ancora partiti, forse non ci siamo resi conto che il campionato è già iniziato». E invece se n’è accorto lui, costretto a riascoltare i soli cori, le solite offese. «C’è chi come me reagisce andando avanti – ha detto il presidente -, altri come Reja invece subiscono dal punto di vista psicologico quando non vedono riconosciuti i propri meriti».
Retropensiero – Ieri sera Reja era molto giù di morale, come riporta Davide Stoppini sulle pagine de ‘La Gazzetta dello Sport’. «Mi sono stancato, così è difficile lavorare e Lotito lo sa bene», ha dichiarato. Frasi che fanno pensare alle dimissioni, opzione che in passato il tecnico goriziano ha dimostrato di saper usare. Ma non sembra essere questo il caso: e troppo presto per abbandonare un progetto che Reja, superati mille dubbi, ha deciso comunque di sposare l’estate scorsa con un rinnovo del contratto.
Lavorare duro -E poi c’è stata la partita, la prima sconfitta stagionale, altre due reti subite «per nostre disattenzioni — ha sottolineato Reja —: sul primo gol Jorquera è passato senza il minimo contrasto tra quattro nostri giocatori, poi Lulic ha sbagliato il fuorigioco. E anche sul secondo il bosniaco era fuori posizione. Ma evidentemente è colpa mia». Eppure… «il primo tempo è stato ottimo. Coperta corta? Forse sì, ma il 4-2-3-1 mi sembra il modulo più adatto. Possiamo fare anche il 4-3-1-2, ma bisognerebbe avere i giocatori giusti. Il punto è che se non sei concentrato, diventa dura. Qui non è un problema di condizione atletica, piuttosto sarà necessario lavorare molto sulla fase difensiva. Io resto ottimista, a patto che si ritrovi lo spirito battagliero». E a patto che lui non si faccia travolgere dal quel retropensiero.
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