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PAGLIA: “La stampa sportiva è schierata, protegge e difende esclusivamente la Roma”

L’ex Direttore della comunicazione e delle relazioni esterne fa anche un parellelo tra Cragnotti e Lotito: “Non hanno nessun punto d’incontro: sono due filosofie differenti”…

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(Getty Images)

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NOTIZIE SS LAZIO – Intervistato da Pagellone.it Guido Paglia, “Direttore della comunicazione e delle relazioni esterne” ai tempi della Lazio guidata da Sergio Cragnotti, dice la sua sulla sul trattamento che la stampa romana riserva al club di Lotito e fa un parellelo tra il presidente di oggi e quello di ieri:

Ha l’impressione che la stampa romana sia schierata in una sola direzione?
“Assolutamente vero. La stampa sportiva è schierata, protegge e difende esclusivamente la Roma. Attacca e condiziona la Lazio. E’ una cosa che va avanti, ormai, da molto tempo, ma che si è accentuata recentemente a causa dell’antipatia, io credo anche giustificata, nei confronti di Lotito e di come lui gestisca la comunicazione, aumentando e quasi “legittimando” questo tipo di atteggiamento, dal momento che (Lotito,ndr) non ha fatto molto. Adesso sta cercando disperatamente di recuperare il tempo perduto, nel riallacciare i rapporti con la tifoseria che prima ha distrutto. Mi fanno ridere quando sento nelle radio -” La gente non va allo stadio”-, La gente non va allo stadio perché non si riconosce nel progetto di Lotito. Su questo la stampa sportiva, che è a forte coloritura romanista, ci inzuppa il pane, creando disparità di trattamento. Quando c’ero io alla Lazio, non facevo altro che litigare. Però ci facevamo sentire; il tifoso sentiva in radio che la società reagiva a questa situazione, cosa che oggi invece non avviene. Ciò non influisce molto sul senso d’appartenenza, il laziale rimane sempre laziale, più va in disgrazia, più continua ad esserlo, più lo attacchi, più si incattivisce. Per le nuove generazioni tutto questo è inaccettabile. “

Per quale motivo la società non mostra una vera apertura verso i propri tifosi?
“La gestione della Lazialità è una delle cose più difficili sia a livello di comunicazione che a livello di rapporti con la tifoseria. Sergio Cragnotti era un presidente molto riservato, molto spesso nemmeno, forse, ai stessi componenti della sua famiglia rivelava le trattive e questo un po’ si rifletteva nei rapporti con la tifoseria. Di fronte, però, ad ogni mia richiesta non diceva mai di no. Formello era la casa della Lazio, era un luogo di aggregazione e della promozione della Lazialità. Con Lotito questo è scomparso, sia per motivi di budget, avendo operato dei tagli su spese di questo genere, sia perché pretende di gestire la comunicazione dall’interno della società con la radio ufficiale, il giornale ufficiale… . La gente ha bisogno del contraddittorio, di potersi confrontare, non ha bisogno di una verità rivelata. L’informazione deve essere a 360 gradi, credo sia un problema di filosofia della gestione..”

Lotito e Cragnotti. Secondo lei esistono dei punti d’incontro tra questi due presidenti?
“Assolutamente no. Nessun punto d’incontro. Sono due filosofie differenti. I manager si dividono in due categorie: quelli che sanno intervenire nel tagliare i costi e quelli che sanno promuovere. Cragnotti fa parte della seconda categoria, Lotito chiaramente della prima. Ha trovato (Lotito, ndr) una situazione terribile dal punto di vista dei conti societari che poi però in maniera scorretta ha attribuito a Cragnotti, dimenticando che poi tutto questo è accaduto nella gestione seguente, nella quale non sono stati in grado di saper gestire la situazione. Il passivo lasciato da Cragnotti, era un passivo comune alle maggior parti delle società e che era tenuto costantemente sotto controllo.”

Quale figura della Lazio del 2000 le è rimasta maggiormente nel cuore?
“Io sono rimasto legato a Pavel Nedved. Pensi che persino il mio cane, che ormai ha 13 anni, si chiama Pavel. Mia figlia è cresciuta con la maglia del ceco come pigiama. Lui era il mito. Riconosco in lui il trascinatore della Lazio di quegli anni, era la figura chiave. Era di una serietà unica. Esiste anche un rovescio della medaglia, con il tradimento del giocatore. Quella fu un’operazione molto scorretta di Moggi. Nel bene e nel male la figura centrale fu lui (Pavel, ndr). Era il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via; sempre disponibile e gentile con i tifosi. Dal punto di vista societario eravamo davvero una bella squadra, uniti ad ogni livello e sopra tutti il “genio” di Cragnotti. “

Trova affinità tra la Lazio del 1974 e quella del 2000 ?
“E’ molto difficile fare un paragone essendo figlie di due calci diversi. Le affinità le trovo negli allenatori, soprattutto nel tipo di rapporto che l’allenatore aveva con la squadra. Maestrelli era un padre di famiglia che comandava una banda di “mezzi matti”. Mi ha sempre colpito la professionalità e la dedizione di Sven Goran Eriksson nel gestire lo spogliatoio, cosa che ha fatto anche Delio Rossi e che oggi sta facendo anche Petkovic. Il ruolo dell’allenatore non è solo quello di gestire un allenamento. Ricordo il dramma che visse Stankovic, che ancora bambino, aveva lasciato la famiglia sotto i bombardamenti in Jugoslavia. Il padre per evitare che gli sciacalli gli depredassero casa, aveva deciso di rimanere in casa senza andare nei rifugi. Stankovic non dormiva la notte, ogni mattina aveva l’esigenza di chiamare casa. Un’angoscia che si proiettava sul suo rendimento ma Eriksson e lo stesso Mancini gli erano molto vicini. Lo spogliatoio era davvero fortissimo, e forse è davvero questo l’elemento che accomuna queste due diverse Lazio”

Quale è la vera natura, oggi, della Lazio?
“Per poter ambire allo scudetto, oggi, alla Lazio mancano due o tre giocatori. Petkovic, con un turnover molto ragionato e con intelligenza sopraffina, è riuscito a capire e a tamponare quelle che sono le carenze d’organico, cambiando anche il modulo in corsa. La posizione della Lazio oggi credo che sia molto più imputabile ad un crollo dell’Inter e del Milan e forse anche del Napoli, nel corso di questi campionati. “

Tre aggettivi che rappresentano la Lazio del 1974, del 2000 e di oggi ?
“La Lazio del 1974 era operaia. La Lazio dello scudetto era semplicemente fantastica, siamo stati la squadra più forte del mondo. La vittoria di Montecarlo è stata una cosa epica. Nel vedere le facce di Stam e di Ferguson sembrava che avessero avuto uno scontro con un Tir. Quella di adesso la definirei promettente, manca poco per arrivare ad una squadra capace di tornare a dominare. “

Quali sono i personaggi che oggi nuocciono e quali quelli che giovano al mondo del calcio? Tre per parte….
“Per quanto riguarda i primi (quelli che nuocciono) per primo indicherei Palazzi. Poi farei il nome di Petrucci, perchè ha inteso la sua presidenza in maniera strettamente personale. E poi “manderei a casa” Lotito perchè secondo me è la palla al piede che Lazio si porta e si porterà dietro. Per l’altra categoria (quelli che giovano) sicuramente Pagnozzi perchè è uomo di sport, leale soprattutto. Poi Abodi, ora candidato per la Lega e uomo perbene. E poi metterei Petkovic, di cui tutto mi parlano un gran bene e che rappresenta davvero una piacevole sorpresa”.

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