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Salah vs Felipe Anderson: fenomeni del calcio tra fede e pallone

FACCIA A FACCIA – Il derby della Capitale nel duello tra gli esterni d’attacco più forti del campionato…

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FACCIA A FACCIA – Derby della Capitale, a parlare è la storia. Roma e Lazio si affrontano per la 163° volta in quella che è la madre di tutte le partite. Una delle stracittadine più sentite e calde del mondo, ma stavolta senza il cuore pulsante delle emozioni, i tifosi. Senza curve, ma non senza spettacolo. Perché in campo ci sono campioni e qualità: Garcia e Pioli lo sanno bene e affidano le loro squadre ai sapienti piedi di Salah e Felipe Anderson.

FENOMENO D’EGITTO – L’oro delle Piramidi. E’ quello che ha trovato Garcia con il suo nuovo fenomeno in maglia numero 11: Mohamed Salah, esterno d’attacco egiziano che in due mesi ha già conquistato la sponda giallorossa del Tevere. Salah, a 23 anni ha già bruciato le tappe e non vuole fermarsi, potendo contare su una velocità da sprinter e un carattere da leader. Provate a prenderlo: nel breve, negli allunghi, in campo aperto o tra le linee avversarie, lui è funambolo e fisico, intelligente e tecnico. Ecco spiegati i 20 milioni (5 già versati) che la Roma dovrà spendere a giugno per l’intero cartellino. Di questo passo, li varrà tutti. Da inizio stagione ha già segnato 5 gol in Serie A in appena 10 presenze, più la rete in Champions League che ha aperto la gara contro il Bayer Leverkusen. Fenomenale in patria, con l’Al-Mokawloon, l’esplosione avviene al Basilea, prima squadra europea a credere nel suo talento. Gol, giocate e numeri da campione vero, così “Il Messi d’Egitto” diventa grande e il Chelsea se lo porta via per una cifra vicina ai 17 milioni. Un investimento importante, che però vacilla: in due mezzi campionati oltremanica sono poche le occasioni (solo 19 presenze) in un calcio fisico che non gli appartiene. Così Firenze lo fa rinascere come un giglio a primavera e lui, tanti saluti, corre da Garcia per far grande la Roma.

LA LUCE DELLA LAZIO – “Come può uno scoglio arginare il mare?” cantava Lucio Battisti nel 1972 in un capolavoro musicale simile ad una poesia. Forse, l’indimenticato Battisti, romano e laziale, avrebbe dedicato “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…”, titolo della canzone, ad uno come Felipe Anderson. Perché nonostante una prima parte di stagione con più ombre che luci, uno scoglio non potrà mai arginare il mare di qualità che possiede il n.10 biancoceleste, vero punto di forza della squadra di Pioli. Numero 10 sulle spalle, come al Santos, quando con personalità si prese la maglia di Pelé a 18 anni per far faville insieme al compare Neymar. Ora che di anni ne ha 22, dopo una stagione da sogno con 10 gol e 8 assist, Pipe è a cerca di conferme ma un ambiente esigente come quello laziale vuole subito i numeri, i gol e le magie. Perché lui ha dimostrato di averne in quantità. Dopo un avvio opaco, la doppietta contro il Torino sembrava poter inaugurare un altro spettacolo, ma il pubblico ha pagato il biglietto e ha rivisto l’attore scomparire mestamente dietro le quinte o quanto meno accendersi sempre ad intermittenza. Il derby però a Roma è un’altra storia e vincerlo regala gloria eterna. La stessa sfiorata nell’ultimo Roma-Lazio, quando con un assist e un gol aveva illuso il popolo biancoceleste prima della doppietta di Totti e il definitivo 2-2. Ora la stella di Felipe ha una nuova occasione per splendere.

IL CONFRONTO – Per fortuna la lingua del calcio è universale e campioni come Salah e Felipe Anderson possono dialogare con il talento. Un po’ come la fede, che sia in Dio o in Allah, quella a cui si aggrappano da sempre i due giocatori nei momenti di difficoltà e di gloria delle loro vite calcistiche. Dopo ogni gol, un ringraziamento verso l’alto e una preghiera, ma nel derby, lo assicurano, non avranno pietà alcuna per l’avversario. Anderson ha già dimostrato di saper tagliare come lama nel burro la difesa giallorossa, Salah punta dritto la porta di Marchetti per una consacrazione già definitiva. A Roma le aspettative del derby sono tutte su di loro. Perché la qualità paga sempre e in partite come questa non bastano solo testa e cuore. Il modello? Altro che Messi, per entrambi è Cristiano Ronaldo: modo di stare in campo, di calciare il pallone e di ubriacare di dribbling gli avversari lo dimostrano. L’ultima parola al campo: la stracittadina decreterà il migliore.

Giorgio Marota
TWITTER: @GiorgioMarota

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