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Sergio Petrelli: “Derby? Verrà deciso da qualche giocata del singolo”
Il terzino simbolo del primo scudetto biancoceleste rivive i derby del passato e parla di quello di domenica…
Sergio Petrelli, terzino della Lazio del primo scudetto, ai microfoni di Lazio Style Radio, parla del derby con la Roma. Lui che il derby l’ha vissuto su entrambe le sponde del Tevere visto che nel 1972 il presidente biancoceleste Lenzini l’acquistò proprio dai giallorossi: “La stracittadina la conosco benissimo. Ho avuto una grande fortuna: con la maglia della Roma non ho mai perso un derby, quando sono passato alla Lazio ho fatto lo stesso! Sarà stata una coincidenza, ma sono sempre stati derby felici”.
Il ricordo più bello?
“Con un mio gol pareggiammo negli ultimi cinque minuti (15 novembre 1970, Lazio-Roma 1-1). E’ il derby che ricordo con più piacere perché segnai un gol”
Sul suo passato giallorosso
“Nessuno mi ha mai rinfacciato questo. Evidentemente entrambi i tifosi apprezzavano il fatto che davo tutto in campo. In ogni caso sarebbe una cosa abbastanza cretina rinfacciare il passaggio da una maglia all’altra. Fischi sicuramente ce ne sono stati, ma era una contrapposizione che mi caricava molto”.
Sul clima pre derby.
“Alla Lazio si viveva il derby in un’altra maniera. Alla Roma si dava per scontato che si doveva vincere e basta. Alla Lazio ci si caricava, proprio di fronte alla convinzione dei giallorossi di essere più forti. Chinaglia caricava l’ambiente, gli stessi compagni di squadra in una maniera incredibile. Se fino al giorno prima ci eravamo insultati e picchiati, ci guardavamo tutti negli occhi e capivamo che avevamo solo voglia di vincere”.
Sulla divisione dello spogliatoio in diversi gruppi.
“I gruppi c’erano, ma io, essendo arrivato quasi per ultimo, non ho mai fatto parte di nessun gruppo. Ero sempre quello che cercava di mediare tra le due fazioni. Poi questi clan, da una parte, erano un po’ una montatura che si creava per caricarsi durante la settimana, per allenarsi con la giusta grinta. L’agonismo non trascendeva mai in cattiveria, non ci si faceva mai male veramente. Durante le partitelle, i clan giocavano contro e ci si davano mazzate di santa ragione: si giocava veramente, era una bella cosa. Oltre a me, stavano fuori da questo discorso dei clan Luigi Polentes, Ferruccio Mazzola, Renzo Garlaschelli. I giovani stavano un po’ più dalla parte di Chinaglia: Giorgio era un accentratore, che attirava a sé gli indecisi”.
Sul derby di domenica.
“Sarà un derby strano. Magari verrà deciso da qualche giocata del singolo, non credo dal gioco di una delle due squadre. La Lazio è più quadrata in difesa e a centrocampo, mentre la Roma è più forte in attacco”.
Su Klose e Candreva.
“Klose, un giocatore che può incidere in senso positivo, soprattutto una persona di grande correttezza. Proprio la correttezza dovrebbe essere il simbolo di questo derby. Da quando è arrivato alla Lazio, Candreva si è trasformato. Nelle squadre precedenti, mi sembrava sempre un po’ al margine, qui invece si è trasformato. Anche lui ha una bella carica, per essere un ex simpatizzante romanista arrivato alla Lazio. Ma quando si è in campo non si pensa al passato, si pensa solo al momento che si sta vivendo. E’ un giocatore che sa essere un trascinatpre, credo che alla Lazio rimarrà un bel po’ di tempo e diventerà un punto di riferimento”.
Sul Panathinaikos
“E’ una partita un po’ difficile, ma da vincere assolutamente per passare il turno. Mi pare che la Lazio in Europa League giochi meglio, ha più spinta. La Lazio in casa non può non vincere, deve giocare all’attacco, anche per vendicare la partitaccia di domenica contro il Catania. Credo che questa gara sia un po’ un danno prima di un derby. Giocare in settimana ti scarica, a livello mentale prima che fisico. Prima del derby non ci voleva una partita del genere. E’ un guaio, non so se converrà utilizzare la squadra titolare o far giocare il più possibile le riserve”.
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