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TARE: “La LAZIO è casa mia! Tre albanesi in rosa? Una coincidenza”
Il ds svela poi quale sarebbe un sogno per il futuro: “Un giorno mi piacerebbe mettere in pratica tutta l’esperienza accumulata come giocatore e come dirigente per la mia federazione”…
NOTIZIE LAZIO – Dieci anni tra campo e scrivania: approdato alla LAZIO nel 2005, Igli TARE, dopo aver appeso le scarpette al chiodo, ha assunto le vesti di direttore sportivo del club biancoceleste. Mansione che riveste tuttora e che ha raccontato nel corso della lunga intervista al portale Java nella quale ha affrontato anche altri numerosi argomenti. Ecco le sue parole:
Vuole tracciare un bilancio dell’esperienza alla Lazio?
“È il decimo anno che sono alla Lazio e devo ammettere che mi sento come a casa mia. L’esperienza che ho acquisito in questo periodo mi sta aiutando molto nel ruolo che ricopro”.
Si può dire che da quando c’è lei, la Lazio è più interessata al calcio albanese o è una coincidenza che attualmente ci siano tre albanesi in rosa?
“Molti non ci crederanno ma onestamente è una coincidenza. In una squadra ci possono essere dieci giocatori brasiliani o di un’altra nazionalità. C’è un solo criterio che uso nella scelta dei giocatori: la qualità. Prima di acquistare qualcuno mi chiedo se quell’elemento sarà in grado o meno di giocare nella Lazio, per me non conta se è albanese, serbo o argentino”.
I giocatori serbi e albanesi della Lazio (Basta, Djordjevic, Cana, Berisha e Strakosha) si sono fatti immortalare insieme dopo quanto successo durante Serbia-Albania. Com’è nata quest’idea?
“Abbiamo cominciato a parlarne il giorno dopo la partita, mentre tornavamo a Roma. Volevamo mandare un segnale forte a tutto il mondo, lo sport dovrebbe unire e non dividere le persone. I giocatori hanno accettato di buon grado di posare per questa foto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti”.
Ha avuto la possibilità di parlare con i giocatori serbi quando eri a Belgrado?
“Ne abbiamo parlato ma in maniera tutt’altro che approfondita. Un argomento del genere merita molto più spazio”.
Qual è la sua idea su tutto quello che è successo?
“La prima cosa importante da dire, a mio avviso, è che sia la stampa serba, sia quella albanese, hanno caricato eccessivamente la partita. L’avevo già detto in un’intervista rilasciata prima del fischio d’inizio, lo ridico oggi. Nei serbi e negli albanesi c’è già un forte spirito nazionalistico, poi gli animi si sono accesi ancord di più. Penso che la cosa migliore che la Uefa potesse fare – oltre a prendere misure straordinarie in termini di sicurezza – sia cercare di ridurre le tensioni, trovare soluzioni per distendere gli animi. Io avrei dato voce a serbi e albanesi che fanno parte del mondo dell’arte, dello sport e non solo, così da avvicinarsi in tutta serenità alla gara. Poi l’organizzazione della partita va assolutamente criticata: è inaccettabile quello che è succeso. Il drone? È più che legittimo che l’Uefa e il governo serbo abbiano voglia di trovare i responsabili. È vero che di notte sono molte le partite a rischio, ma vedere addirittura i tifosi serbi entrare in campo è stato troppo”.
Che ne dice di mandare un messaggio di pace insieme a un grande ex calciatore serbo come Mihajlovic? Vi sentireste pronti?
“Assolutamente sì. Io ho avuto l’opportunità di vivere la violenza nello stadio di Belgrado, ma l’ospitalità che i serbi ci hanno riservato in quei giorni è stata invidiabile. La mia volontà è quella di entrare in contatto con entrambe le parti, voglio capire anche la posizione dei serbi, non solo degli albanesi”.
La federazione albanese ha criticato duramente la federazione serba per come è stata preparata la partita. Concorda?
“Io sono del parere che una partita del genere andava preparata in un altro modo. Il personale di sicurezza doveva essere pronto a ogni evenienza. Tutto quello che è successo allo stadio di Belgrado non è colpa della Federcalcio albanese. Come ho detto prima, gli albanesi erano ospiti e non organizzatori dell’evento”.
Le piacerebbe un giorno allenare l’Albania o ricoprire un ruolo nella FSHF (Federata Shqiptare e Futbollit, federazione calcistica dell’Albania)?
“Non l’ho mai nascosto, ho sempre espresso la mia idea chiaramente. Un giorno mi piacerebbe mettere in pratica tutta l’esperienza accumulata come giocatore e come dirigente. Ho risposto sempre in maniera positiva quando mi è stata posta questa domanda. Ma non so quando capiterà quest’occasione”.
Perché di giocatori albanesi con qualità ce ne sono diversi ma il calcio in Albania non decolla?
“È molto semplice, l’organizzazione calcistica albanese lascia molto a desiderare. Ci sono molti aspetti di cui parlare che però al momento non vorrei trattare. C’è da dire però che negli ultimi anni c’è stato un miglioramento, ma c’è ancora tanta strada da fare”.
Come giudica il lavoro de De Biasi?
“L’Albania ha nel gruppo il suo punto di forza. Non che non ci siano giocatori di qualità, anzi, ce ne sono molti in grado di fare la differenza. Rendo merito a De Biasi per aver formato insieme al suo staff un gruppo unito, che conosce i suoi punti di forza e lavora ogni giorno per migliorarsi. I risultati positivi aumentano la fiducia in ogni giocatore e aiutano a mantenere il clima sereno. Ci sono stati momenti invece in cui si è visto un bel gioco ma non arrivavano i risultati, e quindi c’erano diverse critiche. La cosa più importante è conoscere i valori di ogni singolo elemento per sapere su cosa lavorare”.
In passato ti sei impegnato anche politicamente per l’Albania. Adesso che vivi in Italia, è cambiato qualcosa?
“Per me non è cambiato nulla, continuo a essere impegnato come prima e sono sempre presente in ogni aspetto dello sviluppo dell’Albania. Osservo tutto con molta attenzione. Il mio legame con l’Albania non si spezza mai”.
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