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ZEMAN e il periodo romano: “Quando c’ero io la LAZIO non spendeva centinaia di miliardi”. Poi su SIGNORI…

Che sia in negativo che in positivo, di Zdenek ZEMAN se ne parla sempre e comunque…

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NOTIZIE SS LAZIO – “Io ho fatto sempre un certo tipo di calcio. Trent’anni fa mi dicevano che fossi 20 anni avanti, 10 anni fa ero sempre 20 anni avanti… Dipende da che lato si guarda la cosa”. Che sia in negativo che in positivo, di Zdenek ZEMAN se ne parla sempre e comunque. Di certo il boemo è stato il tecnico più discusso degli ultimi anni e sulle colonne di ‘Calcio 2000’ ha ripercorso la sua ccarriera. “Per qualcuno conta più vincere, lo però da allenatore, devo cercare di dare un gioco alla squadra e migliorarla, costruendo qualcosa. E penso che in questo sia abbastanza riuscito, visto che ho mandato in Nazionale diversi giocatori. È questo il lavoro dell’allenatore”. Poi l’attuale allenatore del Cagliari torna anche sulle esperienze nella Capitale.Dicono che ho vinto poco. Ho vinto 3 campionati, che saranno pochi, ma sono importanti. Poi con le squadre grandi, anche lì… Ero alla Lazio, ma la Lazio non era quella del 2000, una squadra mondiale che spendeva centinaia di miliardi di lire. Idem per la Roma, che ha vinto quando ha speso 80 miliardi per un giocatore. Ai miei tempi avevo il problema di prendere Cafù a 4 miliardi… Poi meno male che li abbiamo spesi. Non possono vincere tutti, e normalmente quelli che spendono di più sono avvantaggiati. Visto che sono arrivato 2°, 3°, 4°, 5° con le squadre di Roma, e che a quei tempi non c’erano quattro squadre in Champions, penso di aver fatto bene. Nell’ultima stagione alla Roma ho portato la squadra anche in finale di Coppa Italia”. Poi su qualche singolo. “Signori è il giocatore cui sono più legato per il periodo laziale, Totti per quanto riguarda la Roma è colui che ricordo con più piacere. Hanno sempre aiutato gli altri dentro e fuori dal campo, comportandosi benissimo”. In chiusura il commento è sul calcio italiano.Secondo me è in crisi per un problema economico. Mentre prima in Italia venivano i più forti giocatori al mondo, dai quali poi anche i giocatori italiani potevano imparare e potevano crescere, oggi i migliori non si riesce più a portarli qui. Si portano troppi stranieri che poi chiudono la strada ai talenti italiani che non hanno allora la possibilità di farsi vedere e di maturare sul campo”.

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