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ZOFF: “Vince chi mantiene la giusta concentrazione. Il derby che mi ha emozionato? Quando pareggiò CASTROMAN…”
L’ex allenatore ha aggiunto: “Differenze con gli altri derby? Qui la stracittadina comincia dal lunedì, il carattere della gente lo rende unico…”
NOTIZIE SS LAZIO- Il derby è alle porte: mancano ormai tre giorni alla stracittadina che andrà in scena domenica alle 15 allo Stadio Olimpico. Uno dei protagonisti più importanti della storia recente della Lazio e che di derby se ne intende, Dino Zoff, ha espresso la sua opinione sul match con i giallorossi, intervistato da ‘goal.com’
La stracittadina romana è alle porte. Quali segreti nasconde? Quali le differenze con gli altri derby italiani? Ma soprattutto, esiste questa differenza?
“Direi proprio che la differenza c’è tutta. Come esperienza diretta ho vissuto anche il derby Torino negli anni d’oro dei due club, e ciò che distingue la sfida della Capitale lo si percepisce dal lunedì: il derby di Roma dura una settimana, il carattere della gente lo rende unico, ne parlano davvero tutti in ogni momento e le pressioni vanno alle stelle. A Torino, per dire, le aspettative erano almeno identiche a livello interno, tra squadre, nelle società. Però l’espressione era meno pubblica, e la tensione non veniva alimentata da altre tensioni”.
Quindi si può dire che la pressione incida anche sul rendimento delle squadre oppure a questi livelli la professionalità dei calciatori è tale da tenere a bada tutte le chiacchiere e le aspettative?
“La pressione incide eccome. Questa verità non si può discutere. Io di derby romani ne ho vissuti parecchi da allenatore della Lazio e posso testimoniarlo. Si sentiva dentro e fuori lo spogliatoio. Ne ero consapevole quindi la mia strategia con la squadra era sempre la medesima e posso dire che funzionava, mai una partita è andata poi diversamente da come me la aspettavo. In pratica si lavorava interamente sullo “scarico”. Mentale, atletico, psicologico. Vinceva e vince ancora chi mantiene il tasso di concentrazione nei limiti, il rischi infatti è sempre quello di travalicare. I calciatori sono già sufficientemente carichi di loro. Ecco perché può pagare una gestione più blanda della settimana. D’altronde a cosa serve, da allenatore a giocatore, ribadire l’importanza della partita o il valore della posta in palio per la città oltre che per la classifica?”
In tanti anni da allenatore e dirigente biancoceleste ci sarà allora un derby in particolare al quale resta più legato…
“Come no. Dovrei dire quello vinto grazie a una rete di Beppe Signori, magari. Invece ancora oggi ricordo con un’emozione particolare quello pareggiato in rimonta grazie alla nostra ala argentina… Aspetti… Come si chiamava… Ah, sì, Castroman. Eravamo sotto 2-0 dopo aver incassato due goal in sei minuti al ritorno in campo dopo l’intervallo (era il 29 aprile 2001, ad accorciare fu Nedved, ma la Roma di Capello vinse poi comunque il campionato, ndr). Ecco quel 2-2 finale con nostro goal proprio sull’ultima azione disponibile fu una gioia particolare. Avemmo una reazione che in certe stracittadina non puoi dare per scontata, anzi, talvolta l’eccessiva foga ti può portare a degenerare sul campo”.
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