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RASSEGNA STAMPA. Arno Rossini: “Petkovic? Da giocatore come Ledesma. Da allenatore? I cardini sono organizzazione tattica, calcio propositivo, sviluppo della fase offensiva”

Corriere dello Sport. L’ex tecnico del Locarno e attuale osservatore dello Young Boys racconto Vlado Petkovic…

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SAMPDORIA-LAZIO 06 PetkovicCorriere dello Sport (F.P.) Arno Rossini, allenatore classe 1957, ex tecnico del Locarno e oggi osservato dello Young Boys, racconta Vlado Petkovic. Si sono conosciuti quando Rossini allenava il Bellinzona e Petkovic giocava da centrocampista centrale. Nacque un’amicizia nel 1995 e per poco Rossini (sfumato l’accordo con Lotito) non è un collaboratore del tecnico biancoceleste nella capitale.

Mister Rossini, quando ha conosciuto Petkovic?
“Era la stagione 1994/95. Venni chiamato dal Bellinzona per subentrare in panchina ad un allenatore belga, serie B svizzera, ci dovevamo salvare. Trovai Vlado in campo, era il centrocampista centrale di quella squadra. Visione di gioco, carisma. Un vero leader. Ci salvammo sul campo, ma la società era in difficoltà economiche, non riusciva a pagare gli stipendi e venne retrocessa in Lega Uno, la serie C italiana. Riprendemmo nella stagione successiva, continuando a divertirci. Mi bastarono pochi giorni per comprenderne lo spessore umano, non solo tecnico. Era, già allora, un uomo di grande serietà”.

Ci racconta com’era Petkovic sul campo?
“Un centrocampista centrale, il motore della squadra. Piedi buoni, calciava di destro e di sinistro. Era abilissimo nell’avvio dell’azione, il primo passaggio non lo sbagliava mai. E giocava di prima. Lo impiegavo davanti alla difesa e ogni tanto lo avanzavo dietro le punte. Ottimo tiro dalla distanza e spiccate capacità di inserimento, sui cross andava a staccare di testa, sfruttando il gioco aereo. Quell’anno riuscì a segnare una quindicina di gol. Per il Bellinzona era un lusso, un giocatore di categoria superiore. Non è sbagliato paragonarlo, per il senso del gioco, a Ledesma. Con Vlado parlavo molto, mi confrontavo sulle questioni tecnico-tattiche. Era un professionista serissimo e leggeva bene le partite. Dal primo giorno in cui l’ho avuto come giocatore, ho capito che avrebbe avuto un futuro da allenatore. Lo dicevo già nel ‘95, ero pronto a scommetterci”.

E’ stato Rossini a spingerlo verso la panchina?
“No, ha fatto tutto da solo. I nostri sono stati percorsi vicini o paralleli. Il primo passaggio importante di Vlado è stato da giocatore-allenatore del Bellinzona. Mancavano cinque o sei partite alla fine del campionato, riuscì a pilotare la squadra verso la salvezza. E poi quando ha preso il Malcantone Agno quasi tra i dilettanti e lo ha portato sino alla serie B svizzera. Ha sempre dato un’impronta riconoscibile alle sue squadre”.

La forza di Petkovic consiste nel sapersi adattare in fretta alle situazioni. In fondo lo ha dimostrato anche alla Lazio, ereditando il gruppo di Reja.
“Non sbagliate. Ha sempre fatto in fretta. Parla una lingua facile, sa farsi ascoltare, le sue parole hanno una capacità penetrativa importante. Questo gli permette di formare e gestire bene il gruppo. Con il Bellinzona fece un capolavoro, costruendo in due anni e mezzo una squadra fortissima. Riuscì a battere il San Gallo, centrando la promozione. E arrivò alla finale della Coppa di Svizzera con il Basilea. Portò allo stadio 15 mila persone e ci sono appena 22 mila abitanti a Bellinzona. Perse, ma quel Basilea aveva giocato anche in Champions. Le sue capacità di adattamento sono emerse con chiarezza anche nella breve esperienza al Sion. Era una squadra costruita per vincere, si trovò ad un passo dalla retrocessione a causa di una penalizzazione di 36 punti. Vlado, in due settimane e rischiando molto, riuscì a portare a rianimare una squadra stanca e spenta nello spirito, non abituata a lottare per la salvezza. Missione compiuta prima di abbracciare la Lazio”.

Ci può spiegare quali sono i due o tre principi-cardine del calcio di Petkovic?
Organizzazione tattica, calcio propositivo, sviluppo della fase offensiva. In termini di organizzazione, tutti i suoi giocatori sanno come muoversi e cosa fare sul campo. Gli piace il calcio d’attacco, vuole proporre gioco. E cura molto la manovra offensiva, trova diverse soluzioni. E tutte le esercitazioni sul campo, durante gli allenamenti, sono finalizzate alla conclusione. Abitua la squadra a segnare. Il meglio lo ha tirato fuori con lo Young Boys. Berna è una piazza difficile per la Svizzera. Petkovic inventò il 3-4-3. In poco tempo conquistò il pubblico. Lo Young Boys passò da 8 mila a 14 mila abbonati, questo per dire quanto piacesse il suo calcio”.

Quali sono i suoi pregi?
“E’ preparatissimo dal punto di vista tecnico-tattico, ha una forte capacità attrattiva nei confronti dei calciatori. Sa convincerli, trasmette sicurezza, non ha bisogno di alzare la voce per farsi seguire. E’ il pregio di Petkovic”.

L’esperienza alla Caritas, come dice Lotito, è stata fondamentale?
“Credo di sì, ma lo pensa anche Vlado. Sa cos’è il sacrificio, in quel periodo non poteva vivere di solo calcio. Si svegliava all’alba per andare a lavorare, stava a contatto con persone che avevano bisogno, sapeva gestirle. Finiva alla quattro del pomeriggio e alle cinque era sul campo per allenare il Bellinzona. E’ un uomo molto serio, con dei valori importanti. E quell’esperienza lo ha forgiato”.

In cosa deve ancora migliorare?
“La prossima estate compirà 50 anni, è nel pieno della maturità, sta raggiungendo gli obiettivi che voleva. Ha provato anche ad allenare in Turchia, ma si è trovato in una situazione non facile, squadra neopromossa e società poco organizzata. Ero convinto, invece, che alla Lazio avrebbe avuto successo. Ha avuto un impatto positivo con la società e con lo spogliatoio. I risultati positivi gli hanno dato altra sicurezza, ora si sta imponendo. E’ un fuoriclasse straordinario della panchina. Io credo diventerà davvero uno degli allenatori più forti d’Europa. Petkovic ha tutto per affermarsi: la competenza, l’umiltà, l’ambizione”.

All’inizio di settembre Petkovic ha raccontato che Wenger all’Arsenal gioca il suo calcio ideale.
“Condivido. Il paragone calza a pennello. Wenger da tanti anni lavora con i Gunners, rappresenta un modello. E si tratta di un calcio offensivo, come piace a Vlado”.

La sfida del campionato italiano era nei suoi pensieri da tempo.
“Sì, lo diceva spesso. Voleva e sognava una panchina in Italia. Era il suo obiettivo. Credo lo meritasse. Mi ha sempre colpito la sua capacità di organizzare e tenere la squadra, a Berna mi convinse in modo definitivo. Se ripenso al modo in cui riuscì a trasformare lo Young Boys, viene fuori tutta la differenza di Petkovic”.

Come mai Rossini non l’ha seguito alla Lazio?
“Sì, è vero e lo sapete, ci sono stati dei contatti con la società, ma non se ne fece di niente. Preferisco non parlarne. E non mi va di mettere in difficoltà Vlado”.

Parlate spesso di Lazio?
“Ci sentiamo regolarmente. E parliamo di tutto, perché siamo amici. Lo seguo. Ho visto tutte le partite della Lazio, alcune dal vivo. Ero a Bergamo alla prima di campionato e anche sabato scorso a Marassi. Altrimenti c’è la televisione. Mi sono perso soltanto la partita di Catania. Parliamo tanto, ma non della squadra. Petkovic non ha bisogno di confrontarsi”.

Cosa le racconta della Lazio?
“E’ molto contento. Soddisfatto della società, dei giocatori, del suo staff. E poi è entusiasta di Roma. Si trova bene in città. E crede che la squadra abbia ancora ampi margini di miglioramento. Può crescere ancora la Lazio di Petkovic”.

Dove arriverà la Lazio di Petkovic?
“Conoscendo Vlado e la forza del gruppo che allena, penso che si piazzerà nei primi tre posti del campionato. Non so se sarà facile raggiungere la Juventus, ma un piazzamento Champions è sicuramente alla sua portata. Se batte anche il Cagliari, chiude a 39 punti il girone d’andata. Non male”.

E l’Europa League?
“Ci tiene. Vlado è un uomo ambizioso e non dimenticate che questa è la sua prima stagione italiana. Darà tutto se stesso per ottenere il massimo in qualsiasi competizione. Vuole andare avanti il più possibile in Europa League e lo stimola il derby svizzero con Lucien Favre, il tecnico del Borussia Moenchengladbach. Non si sono mai affrontati. Quando Favre guidava lo Zurigo, Petkovic allenava il Bellinzona in B. Poi Lucien è andato a Berlino. Si sfideranno adesso in Europa League e sarà una grande partita”.

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